La Corte Suprema di Tel Aviv respinge il ricorso: "Eitan torni in Italia, è lì che ha sempre vissuto"

Ma il nonno non si arrende: "Israele ha rinunciato a un suo cittadino"

La Corte Suprema di Tel Aviv respinge il ricorso: "Eitan torni in Italia, è lì che ha sempre vissuto"

Il Natale Eitan Biran, l'unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, lo passerà a casa sua, in Italia. La Corte suprema di Tel Aviv ha infatti deciso, con sentenza inappellabile, che l'Italia è «casa» per il bambino, respingendo di fatto il ricorso presentato dalla famiglia del nonno materno, Schmuel Peleg, che dopo averlo portato via di nascosto, ha tentato in tutti i modi di tenerlo ancorato a Israele. Ma tre cause a Tel Aviv e tre qui hanno stabilito che la residenza del piccolo è l'Italia «dove ha vissuto quasi tutta la sua vita» e che il nonno «non ha fornito una base fattuale che faccia temere che tale ritorno possa causare al minore danni psicologi o fisici». Quindi entro il 12 Eitan sarà di nuovo con la zia paterna e tutrice legale Aya Biran. «La sentenza della magistratura israeliana è moralmente e umanamente corretta - hanno detto i legali di Aya, Shmuel Moran e Avi Chimi - è la fine di un capitolo sfortunato, dannoso e inutile per il piccolo Eitan. Quanto alla famiglia Peleg, speriamo che sapranno mettere fine alle battaglie legali e fermare la loro campagna mediatica diffamatoria in modo che forse si possa tornare a un percorso ottimista di riabilitazione e riconciliazione».

Schmuel Peleg, invece, non si vuole darsi per vinto: «Lo Stato d'Israele ha rinunciato a un bimbo ebreo indifeso e un cittadino israeliano senza che la sua voce venisse ascoltata, lasciandolo in terra straniera, lontano dalle sue radici, dalla sua amata famiglia e dal posto dove sono sepolti i suoi genitori e il fratello». «Continueremo a lottare in ogni modo legale per riportarlo in Israele - ha fatto sapere - e impedire la rottura del legame con la famiglia della sua defunta madre Tal, imposto da sua zia. Chiediamo alle autorità italiane di riesaminare il processo decisionale viziato».

Il giudice della Corte suprema di Tel Aviv, Alex Stein, ieri ha parlato di «rapimento» per descrivere il trasferimento dall'Italia del piccolo, sottolineando che i suoi genitori avevano deciso di stabilirsi in Italia a tempo indeterminato. Già il 25 ottobre la giudice Iris Ilotovich-Segal del tribunale della Famiglia di Tel Aviv aveva riconosciuto la violazione della Convenzione dell'Aja da parte del nonno materno. Ma la famiglia Peleg non aveva mollato e aveva presentato ricorso alla corte distrettuale di Tel Aviv, che l'aveva respinto. Quindi i nonni materni hanno giocato l'ultima carta. Ma anche con la Corte Suprema non hanno ottenuto nulla. Peleg in Italia deve rispondere di sequestro di minore, ma il mandato d'arresto chiesto per lui non è stato ancora eseguito.

Gabriel Abutbul Alon, l'autista de che l'11 settembre l'ha condotto con in nipote in Svizzera per imbarcarsi per Israele, invece, è stato arrestato a Cipro e si trova a casa con l'obbligo di firma in attesa che il 2 dicembre i giudici ciprioti si esprimano sulla richiesta di estradizione avanzata dall'Italia.

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