Il generale Claudio Graziano «è andato avanti», come dicono gli alpini, di sua scelta. Piemontese, quasi 71 anni, si è innamorato delle penne nere da adolescente leggendo i libri di Bedeschi e Rigoni Stern. «Grande personaggio - sottolinea con il Giornale il presidente del Senato, Ignazio La Russa - La dimostrazione è che ha avuto incarichi di rilievo con tutti i governi perché era un servitore dello Stato».
Da ministro della Difesa aveva voluto Graziano al suo fianco, come capo di gabinetto, «e siamo sempre rimasti in contatto. Se avesse voluto l'avremmo candidato. Ci ha pensato, ma ha preferito mantenere il suo ruolo». La Russa sapeva «che gli pesava molto la morte della moglie Marisa. Non potevo, però, immaginare quello che è accaduto». Nel libro «Missione. Dalla guerra fredda alla Difesa europea» scritto dopo mezzo secolo di servizio, Graziano ricordava un canto degli alpini: «Figli di nessuno che noi siam, () ma se troviamo uno che ci sappia comandar e dominar () anche a digiuno sappiamo marciar». E «per un diciottenne che già si immagina futuro tenente, era un invito implicito a mettersi continuamente in gioco». Nella sua lunga carriera ha saputo unire le capacità strategiche e l'esperienza militare alla visione geopolitica mescolata alla conoscenza diretta di personaggi influenti in mezzo mondo. I primi passi dopo il 154° corso dell'accademia è il servizio con la brigata Tridentina in Alto Adige. Il battesimo delle missioni oltremare arriva con la missione Albatross, in Mozambico, nel 1993 al comando del battaglione Susa. Graziano è determinato e ha già in testa una folgorante carriera. Nel 2001 è addetto militare all'ambasciata a Washington, tre anni dopo alla guida della Taurinense e a Kabul comanda la brigata multinazionale. Attento, ma sempre disponibile con i giornalisti fa il salto nel 2007, quando viene chiamato dall'Onu al comando della missione Unifil. Uno stretto collaboratore di allora, ancora in servizio, ricorda una frase storica di Graziano: «Se non è pace non sarà guerra». La Russa, allora ministro della Difesa, lo scopre proprio in Libano. La penna bianca da generale diventa l'ombra del ministro, che alla fine lo porta al vertice dell'Esercito. «C'erano quattro ufficiali davanti per anzianità e allora sono andato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a chiedere consiglio - rivela La Russa - Il capo dello Stato disse che quando verranno a lamentarsi dirò che era compito del ministro. E aggiunse: Sono convinto che fai molto bene. Graziano è il migliore».
Il generale ha tessuto la rete dei cosiddetti «Graziano boys», che talvolta fanno storcere il naso. «Non devo nulla a Graziano, anzi, - spiega un alto ufficiale - ma lo ammiro perché ha ridato profilo internazionale alla classe dei comandanti italiani dopo la retorica del dopoguerra». Dall'apice, come capo Stato maggiore della Difesa, viene nominato nel 2017 presidente del Comitato militare dell'Unione europea. Ieri, fra i giovani ufficiali che sono stati al suo fianco, c'è chi piangeva al telefono raccontando che «non aveva figli e per noi è stato come un papà.
Ci ha cresciuti inculcandoci che bisogna esseri uomini delle istituzioni e non di un governo o dell'altro». A Bruxelles si è impegnato nell'ultima sfida di resuscitare la Difesa comune europea. Anche nell'ultimo incarico, senza stellette, come presidente di Fincantieri «è rimasto il Capo, estremamente esigente».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.