Il caso, l'abbiamo già scritto, è politicamente abnorme. Il fatto che le accuse di sfruttamento dell'immigrazione lambiscano la moglie di Michele Di Bari, il Prefetto a capo del Dipartimento del Ministero dell'Interno responsabile proprio del contenimento di quel fenomeno (e che da prefetto ha sollevato il caso dell'accoglienza migranti a Riace di Mimmo Lucano), fa capire quanto sia diffuso lo sfruttamento e la riduzione in schiavitù dei disgraziati che il mondo progressista si vanta d'accogliere.
Ma le accuse, tutte da provare alla moglie di un capo Dipartimento del Viminale restano un requisito insufficiente per esigere, in assenza di prove, la testa del ministro Luciana Lamorgese. Fanno però comprendere quanto sia grave aver contribuito alla pervasività di quel fenomeno. Su questo fronte il ministro non ha alcuna scusante. Il suo contributo all'aumento dell'immigrazione irregolare, e, conseguentemente al fenomeno della nuova schiavitù, è testimoniata dalle statistiche del Viminale. Dal settembre al 31 dicembre 2019, ovvero nei suoi primi quattro mesi al Ministero dell'Interno, la Lamorgese riuscì a far sbarcare 6mila 336 migranti, ben mille e 201 in più di quelli contati negli otto mesi precedenti quando sulla sua poltrona sedeva ancora Matteo Salvini. Subito dopo è stato un autentico «liberi tutti».
Nel 2020 - mentre il Covid paralizzava il mondo - il Canale di Sicilia continuava a brulicare di migranti e scafisti ben felici d'approfittare della benevolente evanescenza del ministro Lamorgese. E così al 31 dicembre 2020 abbiamo dovuto far i conti con 32mila 919 sbarchi, quasi il triplo di quelli contati nel 2019. Un record quasi raddoppiato quest'anno visto che al 10 dicembre già si contavano 63mila e 62 nuovi clandestini. Al di là dei numeri impietosi quel che più ha stupito nel mandato della Lamorgese è stata la costante quanto assoluta incapacità del ministro d'indicare una strategia o un'azione politica. Dopo aver confidato nei ricollocamenti europei promessigli a Malta nel settembre 2019 (poco più di mille a fronte di oltre 91mila arrivi) il ministro è caduto in una sorta di distonica apatia che le ha impedito di anticipare fatti sotto gli occhi di tutti come lo spostamento dalla tratta libica a quella tunisina. E così, fallimento dopo fallimento, il ministro si è ridotta, oggi, a ripetere le promesse di un Unione Europea tornata a far balenare il ricorrente quanto inevaso impegno a cambiare, entro il prossimo anno, tutte le regole del Trattato di Dublino.
Ma i disastri sul fronte dell'immigrazione sono solo la punta dell'iceberg di insuccessi provocati ovunque la Lamorgese abbia voluto metter bocca o mano.
L'assalto alla sede della Cgil, frutto del disastroso patteggiamento con la piazza no-vax guidata da Forza Nuova o, peggio ancora, la promessa di pagare i tamponi ai portuali no-vax di Trieste sono solo altri due esempi dell'inadeguatezza del ministro. Un'inadeguatezza sufficiente da sola a invocarne le dimissioni. Anche senza sporcarsi con il fango dell'inchiesta sulla moglie del prefetto Di Bari.
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