Una tempesta di antisemitismo si sta abbattendo sull'Europa e l'Italia, purtroppo, non fa eccezione. I dati sono eclatanti: un italiano su cinque può dirsi antisemita o moderatamente antisemita. E gli episodi nel nostro Paese sono addirittura quadruplicati rispetto al passato.
Il Coordinatore nazionale per la lotta contro l'antisemitismo, Pasquale Angelosanto, nella sua relazione davanti alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, presieduta da Liliana Segre, compone un mosaico dai contorni inquietanti. E svela che, secondo i dati del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, «il 9% degli italiani è moderatamente antisemita, il 10% è fortemente antisemita. Quindi siamo di fronte a un quinto della popolazione italiana che è antisemita». Quanto al negazionismo «la banalizzazione della Shoah coinvolge il 35% della popolazione: il 33% in forma moderata e il 2% in forma decisa».
Il lavoro del generale dei Carabinieri, ora in pensione, rappresenta la base di un lavoro di contrasto che il governo intende portare avanti, assegnando allo stesso Angelosanto il compito di farsi promotore di proposte concrete, in modo da non restare solo su aspetti etici ma anche operativi. «L'antisemitismo ha avuto una riesplosione dopo i fatti del 7 ottobre, ma purtroppo non è stato mai debellato, non è scomparso. Dopo la Shoah, si era solo assopito e ora riemerge in forme diverse». E i numeri stanno lì a testimoniarlo.
«Dal 7 ottobre a oggi sono stati registrati 406 casi di antisemitismo a fronte dei 98 casi nell'analogo periodo precedente. I casi sono quindi quadruplicati e se vogliamo sono aumentati del 400%. Di questi 406 casi, 57 sono riferiti a crimini d'odio, 200 a discorsi d'odio, 128 ai discorsi d'odio online e 21 non raggiungono la soglia del penalmente rilevante». Un elemento che colpisce sono i sentimenti della comunità ebraica. Dal 7 ottobre scorso, tra i giovani ebrei in Italia, è cresciuta la paura di essere discriminati: «Le manifestazioni pro-palestinesi vengono percepite come una potenziale minaccia per la sicurezza da quasi la totalità degli intervistati» dice Angelosanto. In particolare più della metà degli intervistati sostiene che la propria identità ebraica può costituire motivo di discriminazione sul posto di lavoro o di studio e la maggioranza riporta di aver cambiato recentemente alcune abitudini per sentirsi più al sicuro.
Altro aspetto preoccupante è la modalità in cui questi atti vengono commessi. «C'è una rottura con il passato. Mentre prima i reati si registravano soprattutto via web adesso stanno aumentando i casi in cui c'è la partecipazione diretta: quindi l'offesa viene arrecata direttamente alle persone». La chiosa è affidata a Liliana Segre.
«Vengo spesso accusata di vittimismo, sono una delle pochissime testimoni ancora in vita dello sterminio. Dopo così tanti anni, stiamo ancora parlando di chi è più o meno antisemita o antisionista? Quello che mi resta, nel più profondo di me stessa, è un'angoscia che non si ferma mai».
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