La Polonia avverte del rischio di un conflitto armato e annuncia l'invio di rinforzi militari al confine, dove sono stanziati già 12mila soldati. La Bielorussia sostiene di non avere nessuna intenzione di attaccare ma fa convergere altre forze armate sulla frontiera mentre il suo padre-padrone, Aleksander Lukashenko, sente al telefono il protettore russo, Vladimir Putin, e avverte Bruxelles, sfidandola: «Non ci inginocchieremo all'Unione Europea». Non è ancora guerra ma la bomba migranti è deflagrata nell'Est Europa, innescata - ne sono certe le cancellerie occidentali, Francia e Germania in primis - dal dittatore di Minsk «per destabilizzare l'Europa». «Con la regia di Mosca», aggiunge il premier polacco Mateusz Morawiecki, che avverte: «In gioco ci sono la sicurezza e la stabilità dell'Europa».
«Destabilizzare» è la parola usata dal ministero degli Esteri francese in una nota. «Destabilizzare in particolare la Germania», ribadisce il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer, che definisce la strategia di Lukashenko «un metodo politico malvagio, da fermare a tutti i costi», mentre avvisa che potrebbe mandare la polizia al confine e che la Germania ha bisogno di coinvolgere «tutto il mondo democratico» per sostenere un'immigrazione ordinata in Europa. Tutto ciò mentre Stati Uniti e Nato parlano di situazione «grave» ed esprimono sostegno «alla Polonia e agli alleati europei minacciati da questa campagna, orchestrata dalla Bielorussia, di flussi migratori incontrollati».
Lukashenko lo aveva detto a luglio e lo ha fatto. Sull'esempio del leader turco Erdogan, che da anni usa i profughi per ricattare Bruxelles, il dittatore bielorusso sta minacciando la Ue al confine con la Polonia, a Kuznica, sfruttando almeno duemila migranti mediorientali (ma potrebbero essere il doppio) trascinandoli alla frontiera, nel tentativo di convincere Bruxelles ad allentare le sanzioni economiche. Un approccio «da gangster», attacca il portavoce degli Affari Esteri Ue, Peter Stano. Diversi video mostrano i militari bielorussi dare ordini e indirizzare i profughi. La Polonia ha bloccato i profughi e la situazione è tesissima. Il copione si starebbe ripetendo al confine con la Lituania, a Kadysha, dove i soldati di Minsk avrebbero trasferito 500 migranti, tra cui diversi bimbi, proprio da Kuznica. Varsavia denuncia tra l'altro che per dissuadere i profughi dal tornare in Bielorussia, i militari di Lukashenko avrebbero sparato colpi in aria.
Le minacce di Minsk - almeno alle prime - ricompattano il fronte europeo, che sulla deriva anti-democratica e anti-europea della Polonia si divide da un po'. Il Consiglio Ue ha varato ieri una stretta sui visti per i funzionari del regime. Ma è evidente che la posta in gioco sono ormai gli equilibri europei in un momento delicatissimo per la Ue, alle prese con la sfida di Ungheria e Polonia sui diritti, le libertà e il diritto europeo.
Ed è la Russia a finire adesso sul banco degli imputati, accusata di aver orchestrato la strategia. Il Cremlino parla di situazione «allarmante», che richiede «responsabilità»: «La cosa più importante sono la vita e la salute delle persone». Ma il premier polacco non ha dubbi sulla regia russa del caos, mentre la Ue spiega che «Mosca è nei nostri radar», sospettata di coinvolgimento.
Il fronte europeo torna tuttavia a vacillare quando la Ue chiede a Varsavia di essere più «trasparente» nel proteggere i suoi confini e di accettare la presenza di agenti di Frontex, come fa la Lituania. La bomba migranti fa di nuovo tremare l'Europa. Della crisi parleranno venerdì a Parigi i ministri degli Esteri e della Difesa di Francia e Russia, a margine della conferenza internazionale sulla Libia.
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