Altro che Conte Ter assicurato. A poche ore dall’inizio delle consultazioni, infatti, può succedere di tutto. Questo è il clima, pesante, che si respira, da Montecitorio a Palazzo Madama, rimbalzando a Palazzo Chigi. Con gli occhi puntati al Quirinale, dove sta per entrare la figura chiave di ogni crisi di governo: il Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella osserva con inquietudine a una situazione sempre più avvitata. Con veleni sparsi in ogni angolo, mentre dal Colle si invocano costruttori.
La tentazione del voto
La giornata nei Palazzi della politica è tutto un rimbalzo di contatti e di ipotesi in campo. A dominare è la preoccupazione della coalizione giallorosa. Il motivo? All’orizzonte, tra le tante cose, si stagliano le elezioni anticipate. “Una iattura”, sintetizza un parlamentare della maggioranza. Eppure c’è chi, nell’ambito della stessa maggioranza, inizia a vedere il voto come una eventualità non proprio nefasta. Per il segretario dem, Nicola Zingaretti, in fondo non sarebbe una disgrazia. “Non gestisce i gruppi, lo scollamento con la sua segreteria è evidente”, è il ragionamento che circola tra i democratici. “Ci sono più renziani nel Pd che in Italia viva”, si ironizza, ma non troppo, in qualche discussione tra i corridoi di Montecitorio, sempre più vuoti in attesa della risoluzione della crisi. Certo, il numero uno del Pd sta sinceramente lavorando per tenere in piedi la legislatura: non è un impegno di facciata, garantisce chi lo conosce. Del resto le urne potrebbero consegnare una salda maggioranza di centrodestra. La conferma dello sforzo di Zingaretti arriva dall'attivismo di Goffredo Bettini, braccio operativo della leadership di Largo del Nazareno, che si sta adoperando per salvare la legislatura. “Ma non andremo avanti a ogni costo, impiccandoci alla conta di qualche senatore che poi viene a chiedere chissà quale conto”, è la chiosa del ragionamento dem.
Movimento magmatico
Insomma, a parole tutti garantiscono lealtà a Conte, ma il magma della tensione ribolle nei Palazzi e nei gruppi parlamentari. In via ufficiale il Movimento 5 Stelle ha continuato con la batteria di dichiarazioni di amore, il Partito democratico ha seguito a ruota. “Siamo e restiamo al fianco di Giuseppe Conte. Riteniamo che sia l’unica persona che in questa fase storica possa rappresentare la sintesi e il collante di questa maggioranza”, ha dichiarato il reggente grillino, Vito Crimi. Anche Leu, con il capogruppo alla Camera Federico Fornaro, ha ribadito il concetto: “Bisogna ripartire da Conte e verificare se sia possibile consolidare questa maggioranza”. Idem il Pd, che però ha pubblicamente sdoganato l’ipotesi di confrontarsi con Renzi. La vicepresidente, Debora Serracchiani, è stata chiara: “Nessuno può mettere veti a nessuno”. Aggiungendo: “Prendiamo atto che lo steso Renzi ha detto che non ci sono veti su Conte”.
I dubbi montano, quindi, sulla figura e soprattutto sul ruolo di Conte. “Diciamoci la verità: o si tenta il dialogo con Italia viva o ci sono le elezioni. Perché i cosiddetti responsabili non si materializzano. Quindi Conte deve mettere da parte i rancori. Altrimenti…”, ammette anche un deputato del Movimento 5 Stelle, rigorosamente off record. E dietro la frase lasciata in sospeso c’è il senso di un discorso aperto su tutti i fronti. Insomma, dietro l’intransigenza pubblica si palesa il pragmatismo nei discorsi a microfoni spenti: bisogna capire cosa vuole davvero Matteo Renzi e cercare un accordo. E qui la risposta è scontata: il leader di Italia si accontenterebbe di rimpiazzare Conte a Palazzo Chigi, è il senso dell’analisi proveniente dalla maggioranza. A quel punto Renzi sarebbe disposto a ragionare, mettendo da parte qualche pretesa, a cominciare dal Mes sanitario. Peraltro nella consapevolezza che in questo Parlamento non ci sono i numeri per dire sì a quei fondi. Nei colloqui privati con i colleghi a Montecitorio, infatti, alcuni parlamentari di Iv hanno mostrato toni più concilianti. La disponibilità al dialogo non è affatto preclusa.
Fedeltà traballante
Per questo nel M5S affiora qualche perplessità sul giuramento di fedeltà assoluta al presidente del Consiglio uscente, soprattutto se si intestardisce a cercare responsabili. E respingendo l'opzione più lofica: il confronto con Renzi, seppure tra mille diffidenze. C'è una considerazione ulteriore: i grillini hanno un pesante problema di gestione dei gruppi parlamentari. Nella giornata di ieri era in programma l’assemblea, poi slittata per l’annuncio delle dimissioni del presidente del Consiglio. La tensione è alta, l’individuazione di un punto di equilibrio è un compito arduo per Crimi.
Ma lo è pure per quello che resta il vero leader dei grillini: Luigi Di Maio. Questo lo sa bene Conte, che per questo inizia ad avere fretta: in questo limbo rischia di finire logorato dai suoi principali sostenitori. Esattamente quel che vuole Renzi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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