"Draghi ha profilo altissimo. Serve riconciliazione e unità"

Il presidente della Cei lanci un appello alla politica. "Occorre ricostruire il Paese lacerato dalla pandemia".

"Draghi ha profilo altissimo. Serve riconciliazione e unità"

Le sfide per il premier Draghi, le urgenze del Paese, la pandemia, il vaccino come soluzione per uscirne, un messaggio di fede e speranza per il popolo italiano. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. parla al Giornale.


Eminenza, siamo da poco usciti da una crisi politica conclusa con l'arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi. Quale è l'invito che rivolge ora alle forze politiche?


«Serve riconciliazione e unità per ricostruire il tessuto lacerato del Paese, provato da questo anno terribile della pandemia. Ci sono innumerevoli fratture nella società e nelle persone: dalla salute all'economia, siamo assediati dalla precarietà. Bisogna avere visioni ampie per fare il bene dell'Italia. È necessario mettere da parte gli interessi particolari e adoperarsi per far sì che nessuno sia lasciato indietro, che ciascuno possa contare su un presente dignitoso e che tutti siano in grado d'immaginare un futuro sereno».


Quali sono le urgenze del Paese? Cosa si aspetta dal governo Draghi?


«Il premier è persona di altissimo profilo e di sicura coscienza, e lo attende un compito delicato e importante. Confidiamo che la sua bussola di azione sia orientata verso una serie di obiettivi che permettano una ripresa globale, prima di tutto della fiducia del Paese, passo necessario per una ricostruzione condivisa della comunità. In questo momento è urgente mettere in campo azioni di prossimità alle situazioni di fragilità. Bisogna intercettare i soggetti in difficoltà, ascoltarli e aiutarli a compiere le scelte giuste ai primi segnali di allarme senza attendere inerti l'aggravarsi della situazione. Si tratta di azioni da realizzarsi a livello capillare sul territorio, perché nessuno sia lasciato solo di fronte allo sconvolgimento psicologico, economico e spirituale che la pandemia provoca e per evitare che a farsi prossime siano le organizzazioni criminali. Lo sguardo va rivolto, in modo particolare, ai poveri, agli anziani e ai disabili, alle famiglie e ai giovani, al mondo del lavoro, della scuola e dell'educazione. Insomma alla centralità della persona umana. La Chiesa che è in Italia sarà un interlocutore attento e collaborativo, come sempre avvenuto, nel rispetto delle reciproche competenze».


Anche lei ha avuto il Covid. Che cosa le ha insegnato questa esperienza?


«Ho avuto, ancora una volta, la conferma di quanto vive siano le nostre comunità. Sentire tante persone unite nella preghiera per me è stata l'esperienza di fede più bella che io abbia vissuto. Nella difficoltà mi sono sentito preso per mano e accompagnato. Mi commuove molto questo pensiero. La pandemia sta insegnando al mondo intero quanto tutto sia connesso e interdipendente. Ci si salva tutti insieme, facendo ciascuno il proprio. Lo ripete il Papa nell'Enciclica Fratelli tutti: Ogni giorno ci viene offerta una nuova opportunità, una nuova tappa. Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni. Dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite».


C'è un invito che si sente di rivolgere a tutti coloro che sono scettici sulla vaccinazione?


«Un antico adagio c'insegna che prevenire è meglio che curare, e la vaccinazione rientra senza dubbio nelle forme di prevenzione più efficaci per contrastare il virus e poter tornare prima possibile a vivere la nostra quotidianità senza il timore di ammalarsi. Il vaccino, somministrato in sicurezza, è una forma di responsabilità personale e verso gli altri, un atto di protezione individuale che può divenire strumento di protezione collettiva. È anche uno strumento di solidarietà verso chi tra di noi è più fragile e non può vaccinarsi».


Come dobbiamo vivere questo periodo di pandemia alla luce della fede?


Don Tonino Bello diceva: Se la paura bussa alla tua porta, manda ad aprire la tua fede, la tua speranza, la tua carità, ti accorgerai che fuori non c' è nessuno. Allora coraggio carissimi fratelli!.

È proprio così: coraggio, non cediamo alla paura! Possiamo andare incontro al futuro soltanto in un modo: aprendoci alla fede, alla speranza e alla carità. Dio ci tiene per mano, non ci abbandona. Credo importante darsi un tempo di calma sapiente per scorgere con attenzione la presenza di Dio che cammina con noi. Sempre. Non ci lascia soli.

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