Gli italiani devono sapere cosa possono fare per fermare il cambiamento climatico, che tanti danni ci procura. La risposta è: poco o nulla.
Nel biennio 2020/2021 la Cina da sola ha aumentato le sue emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, più che annullando gli sforzi del resto del mondo, che le ha abbattute di 570 milioni. Questi sono i dati dell'International Energy Agency, organizzazione intergovernativa dell'Ocse. In parole semplici, mentre tutti svuotano l'acqua dalla barca c'è uno che ne fa entrare ancora di più. Girarsi a guardarlo con aria interrogativa che vogliamo fare? pare il minimo. In questi giorni la Cina sta celebrando la sua crescita industriale, promettendo di tenerla ancora ben viva a sostegno dell'operazione commerciale-coloniale denominata belt-and-road, che un giorno dovrebbe darle la forza, anche militare, per prendersi Taiwan. Per carità, tutto legittimo. Ma dobbiamo sapere che lo fanno alterando quel clima a cui addebitiamo i nostri disastri grandi e meno grandi, dalle alluvioni alle allergie da polline.
Quando in tv una pubblicità ci accusa di lasciare un'impronta gigantesca sulla sabbia e sull'ambiente, dobbiamo sapere che il piede è cinese, non italiano. Le impronte italiane sono molto più piccole e dal 1980 diminuiscono ogni anno di più. Nel 2019, dati ONU, l'Italia ha immesso in atmosfera 418 milioni di tonnellate di gas serra (CO2 equivalenti) e l'intera Europa 4 miliardi e 65 milioni. Numeri che impallidiscono di fronte agli oltre 14 miliardi di tonnellate immessi dalla Cina, pari al 27% del totale mondiale. Pro-capite? Cina 8 tonnellate e Italia 5. Non siamo noi il problema e di conseguenza non possiamo esserne la soluzione.
Questa crisi energetica è appena agli inizi e porterà molto dolore, a tutti i livelli della società. Il tessuto economico italiano è fatto di milioni di microimprese, che non fanno rumore ma mettono il piatto a tavola di milioni di famiglie. Tante stanno sospendendo l'attività e tantissime la stanno riducendo, concentrandosi dove c'è la fetta maggiore di business, così da stare a galla con i costi. Credere che questo non si rifletta in meno soldi che arrivano alla manodopera impiegata è una pia illusione. Ciò a sua volta comporterà meno consumi e così il circolo vizioso sarà completo e avviato.
Chi carica l'opinione pubblica di sensi di colpa o è disinformato o è mosso da passione ideologica, quando non da inconfessabili interessi economici.
C'è un filo rosso che unisce molte parti di questa crisi alle politiche energetiche scellerate portate avanti per decenni, per compiacere quella popolazione convinta che alle belle parole sarebbero seguiti fatti altrettanto belli: energia prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili, nessuna necessità di estrarre gas dal nostro territorio e dalle nostre acque, rifiuto anche di farlo arrivare in Puglia dall'oriente, per tacere del nucleare. Non è un gioco e gli altri picchiano duro.
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