
Ci sono quelli che rispettano le regole, che non si sporcano le scarpe e che arrivano incolumi alla pensione. E poi ci sono quelli come Carmine Gallo che risolvono gli omicidi e riportano a casa gli ostaggi dell'Anonima sequestri, muovendosi in quel mondo grigio dove ogni contatto e ogni trattativa possono essere visti in due modi diversi, cedimento o vittoria. Quelli come Gallo servono lo Stato e servono allo Stato. Ma non sempre fanno una bella fine.
Per decenni, l'ispettore Carmine Gallo ha risolto i problemi che gli altri non sapevano risolvere. Ci riusciva perché manteneva la parola. Se andava da un padrino a chiedere una dritta, promettendo qualcosa in cambio, il padrino sapeva di potersi fidare. Gallo non millantava: se offriva uno scambio, era perché aveva avuto il via libera dai magistrati. Se poi, come accaduto più di una volta, i magistrati facevano marcia indietro, rinnegando gli impegni, era Gallo a rischiare la pelle, e non sarebbe bastata a salvargliela Colt Cobra fuori ordinanza. Se è rimasto vivo fino a ieri mattina, se è morto nel suo letto, è perché anche dall'altra parte della barricata sapevano che non era stato lui a barare.
Il giorno in cui andò in pensione - con amarezza, dopo essere passato per accuse e veleni che l'avevano segnato - a salutarlo non c'era neanche un magistrato. C'erano invece questori e capi della polizia, gente che ne aveva conosciuto le asprezze caratteriali ma anche la sottile determinazione. Lui, in divisa per la prima volta, ringraziò tutti ma soprattutto sua moglie: «Per tutte le volte che ti ho detto ci vediamo a cena e sono tornato un mese dopo». Non c'erano i telefonini, nelle montagne della Sila dove l'ispettore Gallo agganciava i rapitori dei ricchi milanesi.
Quel che accadde dopo la festa, dopo il ritorno alla vita civile, è storia complicata. Con Enrico Pazzali si erano conosciuti quando Gallo era stato confinato al commissariato di Rho, e la Fiera era suo territorio. Che tra i due scattasse un feeling, visti i caratteri, era prevedibile. Prevedibile che uno come Gallo, poco abituato al stare con le mani in mano, accettasse l'idea di Equalize, e che nella bianca, luminosa sede tra il Duomo e piazza Fontana si trovasse a suo agio. Meno prevedibile che continuasse a muoversi anche qui nella zona di confine, senza capire che la stessa disinvoltura di metodi è accettabile se lavori per lo Stato, non lo è se sei al soldo di affaristi privati. É non avere colto questa differenza, alla fine, che lo travolge.
Chi lo ha incontrato in questi mesi agli arresti domiciliari racconta un uomo con la chiara percezione di essere finito. Altri, al suo posto, si ammazzano. Lui non l'avrebbe mai fatto. Era un duro fiero di esserlo, anche se sapeva prendersi in giro: e quando seppe che facevano un film su Saverio Morabito, il killer spietato che aveva convinto a pentirsi, diceva che nella sua parte avrebbe voluto Tommy Lee Jones. I duri non si suicidano, ma gli infarti colpiscono anche loro.
Nei lunghi mesi agli arresti domiciliari, aveva iniziato a scrivere un libro sugli anni terribili dell'Anonima sequestri al Nord. Erano quegli anni, il ricordo che lui voleva che restasse del superpoliziotto Gallo, e non il triste crepuscolo. Non ha fatto in tempo a finirlo.
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