Lo scoglio immigrazione ​che può affondare l'inciucio M5s-Pd

Il Pd invoca discontinuità a partire dall'immigrazione, ma è proprio qui che emergono le maggiori divergenze tra dem e grillini: il M5S non vuole cancellare i due decreti sicurezza

Lo scoglio immigrazione ​che può affondare l'inciucio M5s-Pd

Quando Nicola Zingaretti parla di discontinuità dal precedente governo, è palese che il maggiore riferimento è all’anima leghista del primo governo di Giuseppe Conte: non solo Salvini in quanto tale, ma le sue leggi ed i suoi punti programmatici devono essere superati.

Ed ecco dunque che, molto probabilmente, da qui a mercoledì, giorno in cui il presidente Mattarella si aspetta la lista dei ministri del secondo governo Conte, il principale nodo della discordia sarà rappresentato dal principale dossier in mano a Salvini fino a pochi giorni fa: quello cioè dell’immigrazione.

Dopo le consultazioni di venerdì a palazzo Chigi, come ben si sa il leader politico del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ha letto una lista di venti punti programmatici da cui occorre ripartire. Un passaggio che ha messo in crisi la trattativa, tutta in salita, per la formazione del cosiddetto “governo giallorosso”. Un diktat, quello del vice – premier uscente, che non piace ai democratici e che in queste ore crea malumori in vista della ripresa dei colloqui.

Tra questi venti punti, ve ne sono alcuni dedicati all’immigrazione. A prima vista, sembra che su questo fronte le posizioni di Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico possano convergere: nella lista di “Giggino” Di Maio, si parla infatti di contrasto all’immigrazione illegale ed alla tratta di migranti, oltre che di “superamento del trattato di Dublino”.

In poche parole, sicurezza da un lato e maggiore coinvolgimenti dell’Unione Europea dall’altro: due punti su cui certamente grillini e democratici possono trovare la quadra. Ma così non è: come detto, quello dell’immigrazione potrebbe essere il vero punto cruciale attorno al quale si arena la trattativa per la nascita del nuovo governo.

Vero è che sicurezza e coinvolgimento europeo sono due elementi, in linea generale, su cui nessun governo può tirarsi indietro. Il problema però, in caso di maggioranza giallorossa, è come concretamente realizzare questi punti: in poche parole, passare dalle applicazioni teoriche e generali a quelle pratiche e particolari non è affatto semplice.

Per di più che, come ammesso da Di Maio e dai quadri del Movimento Cinque Stelle, i due decreti sicurezza non si toccano. Niente smobilitazione dell’impianto voluto principalmente da Salvini in fatto di immigrazione e di contrasto alle attività delle organizzazioni non governative. E se il Pd non può rivendicare alcuna discontinuità nel punto più criticato del passato governo, in cui dall’opposizione più volte vengono evocati gli spettri del mancato rispetto dei diritti umani e del principio stesso di umanità, difficilmente gli esponenti del partito possono far digerire alla base un intricato accordo con i grillini.

Ma non solo: sorge infatti il dilemma sull’approccio verso le Ong, sostenute politicamente da una parte del Pd e dai partiti più a sinistra, e soprattutto verso la Guardia Costiera libica. I democratici più volte in passato fanno emergere al loro interno posizioni divergenti in materia: se è infatti il ministro dell’interno del governo Gentiloni, Marco Minniti, ad avviare il rifinanziamento alla marina libica ed alle istituzioni di Tripoli per il contrasto alle partenze dalle coste nordafricane, la parte più a sinistra del partito critica aspramente questa impostazione.

Ed una volta al governo con il Movimento Cinque Stelle, cosa fare? I grillini con la Lega hanno votato il sostegno finanziario alla Guardia Costiera libica e non sembrano avere intenzione di cambiare idea. Il Partito Democratico invece, astenuto nell’ultima votazione su questo punto, non ha per il momento una linea comune mentre invece i partiti più a sinistra sono fermamente contrari. Ecco quindi che la poca chiarezza dettata dalle posizioni divergenti in materia, rischia di far pesantemente vacillare futuri accordi per un nuovo governo Conte.

A meno che il Pd non accetti, pur di stare tra i banchi della maggioranza, di

non vedere applicata la tanto conclamata discontinuità proprio su quell’argomento, quale l’immigrazione, in cui maggiormente si invoca un certo distacco dalle politiche dell’ultimo governo ed in particolar modo di Matteo Salvini.

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