«Abbiamo chiesto a Svezia e Finlandia di estradare 30 terroristi, ma si sono rifiutati di farlo. Non ci rimandate i terroristi e poi ci chiedete il nostro sostegno per la vostra adesione alla Nato...». Nel giorno in cui, nel quartier generale dell'Alleanza Atlantica a Bruxelles, gli ambasciatori di Finlandia e Svezia hanno presentato formalmente la richiesta di adesione alla Nato - definita un «momento storico» dal segretario generale Jens Stoltenberg - ci pensa il presidente turco Recep Tayyip Erdogan a mettere i bastoni fra le ruote e ad alzare la posta del suo consenso, indispensabile per i nuovi ingressi, che richiedono l'unanimità dei 30 Paesi membri e il via libera dei Parlamenti nazionali. Nella riunione degli ambasciatori Nato, svoltasi ieri e che ha aperto i colloqui sull'adesione, la Turchia - ha svelato il Financial Times - ha bloccato la decisione di esaminare le richieste di Svezia e Finlandia, minacciando «il processo rapido» auspicato da Stoltenberg e da Joe Biden.
Il leader turco si è espresso durante una riunione dei deputati del suo partito, l'Akp, al Parlamento di Ankara, e ha ribadito che la Turchia non darà la sua approvazione all'adesione finché Svezia e Finlandia continueranno a sostenere l'Ypg, le milizie curde in Siria, e il Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan, che da anni si oppone al regime di Ankara ed è considerato da Erdogan una minaccia alla sicurezza nazionale. «La Svezia non deve aspettarsi che la Turchia approvi la sua adesione se non prenderà le distanze dei terroristi», ha detto il leader turco. Il ragionamento vale anche per la Finlandia, entrambe sotto accusa: «Sostenere il terrorismo e chiedere il nostro appoggio è una mancanza di coerenza», ha insistito il «Sultano». «Gli alleati ascoltino le nostre preoccupazioni e ci sostengano. Non possiamo dire sì».
Nella Nato e a Washington sono convinti che Erdogan alla fine cederà, mentre cerca di accrescere la sua visibilità e rilanciare il ruolo della Turchia dopo la guerra in Ucraina, attraverso la quale ha tentato di ergersi a grande mediatore. Per questo ieri il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, volato a New York per la riunione ministeriale «Global Food Security Call to Action» e per discutere il dossier Svezia e Finlandia, ha incontrato il segretario di Stato americano Antony Blinken. «Abbiamo ricominciato a sentire i venti della Guerra Fredda», ha detto Cavusoglu, spiegando che «anche le preoccupazioni per la sicurezza della Turchia dovrebbero essere considerate». Il consigliere per la sicurezza nazionale di Joe Biden, Jake Sullivan, si è detto fiducioso che i dubbi possano essere superati. Intanto ha sentito al telefono Yang Jiechi, rappresentante della diplomazia cinese, per parlare di sicurezza su un altro fronte caldo.
Sul tavolo, per Ankara, ci sono due importanti questioni. Una è l'embargo sull'esportazione di armi alla Turchia, imposto dai due Paesi scandinavi per l'operazione militare turca nel nord della Siria contro i curdi dell'Ypg. L'altra è la richiesta di estradizione formulata da Ankara e fin qui respinta da Stoccolma e Helsinki, perché vengano consegnati una trentina di detenuti legati al predicatore Fetullah Gulen e membri del Pkk, considerati «terroristi» da Ankara. Per facilitare la trattativa, il presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe recarsi in visita in Turchia, mentre Biden, convinto che «andrà tutto bene», esclude di recarsi ad Ankara. Il presidente americano si è premurato tuttavia di rassicurare Svezia e Finlandia sulla loro sicurezza, in caso di attacco, anche prima dell'adesione formale alla Nato (che tutela i Paesi membri con l'art. 5). Dopo aver manifestato il suo «forte sostegno» all'adesione di Stoccolma e Helsinki, Biden ha garantito: «Gli Usa lavoreranno con Finlandia e Svezia per rimanere vigili contro qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza condivisa e per scoraggiare e affrontare l'aggressione o la minaccia di aggressione» in attesa del via libera.
Quanto a Mosca, i toni si sono placati ora che la
guerra non procede come previsto. La Svezia ha il «diritto sovrano» di aderire alla Nato - ha spiegato il ministro degli Esteri Sergei Lavrov - Eventuali contromisure dipenderanno dalle «conseguenze concrete dell'ingresso».
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