Il Consiglio dei ministri ha deciso di far svolgere in una sola giornata, il 12 giugno prossimo, comunali e referendum. Una decisione che il leader di Azione Carlo Calenda boccia senza esitazione: «Assolutamente sbagliata la scelta di far votare in un solo giorno. Penalizza la partecipazione. Si voti anche nella giornata di lunedì 13 giugno».
Lega e Fi hanno chiesto al governo di rivedere la decisione e spalmare la consultazione su due giorni. «Una richiesta che condivido» ribadisce Calenda che schiera ufficialmente Azione per il sì nella campagna referendaria sui quesiti per la giustizia.
Segretario Calenda, oggi in quale tappa del suo tour si trova?
«Nessuna. Oggi riposo».
Lei, all'indomani della decisione della Consulta sull'ammissibilità, dichiarò di voler sostenere i referendum. Ci ha ripensato?
No assolutamente.
Allora non si schiera?
«Voglio fare una premessa».
Prego.
«La via maestra per riformare la giustizia è il Parlamento. Ma devo anche ammettere che con questa maggioranza una riforma della giustizia in Parlamento è impossibile».
E quindi ci affidiamo ai cittadini?
«Quindi Azione è schierata per i referendum. Per i sì. Senza alcun dubbio».
Fissata la data per l'election day. Si voterà il 12 giugno. Non crede che questo penalizzi molto la partecipazione. Non era meglio spalmare su due giorni, visto che non c'è solo il problema dell'astensionismo ma anche i timori dei cittadini per il covid?
«Sono d'accordo con chi contesta la decisione di far svolgere la consultazione in una sola giornata. Tra l'altro è un periodo in cui la gente va fuori e poi non si voterà per le amministrative in molti Comuni. Assolutamente sbagliata la scelta di far votare in un solo giorno. Penalizza la partecipazione. Ho letto che Lega e Fi hanno chiesto al governo di far votare anche nella giornata di lunedì. Richiesta che condivido».
C'è una volontà chiara di far saltare i referendum. Chi li teme di più? La classe politica o la magistratura?
«Li teme di più la magistratura. Ma anche una classe politica che negli anni ha costruito una contiguità con pezzi della magistratura. Legami stretti con alcune correnti della magistratura. Basta vedere l'approccio di alcuni partiti sui temi della giustizia, Ci sono partiti in Italia, come Pd e Cinque stelle, che appaltano completamente alla magistratura le decisioni».
Ecco, lei ha citato il Pd, il suo ex partito. Non crede che con la decisione di schierarsi contro i referendum il segretario Enrico Letta si sia consegnato completamente all'ala giustizialista grillina?
«Non c'è alcun dubbio. Sul tema della giustizia Pd e Cinque stelle sono ormai sovrapponibili. D'altronde nel M5S c'è sempre stato un pezzo del populismo di sinistra. Ma questo lo si nota anche su altri temi, tipo quello dell'energia. Il Pd segue (e insegue) la politica del no dei Cinque stelle».
Lei al primo congresso di Azione è stato chiaro: «Nessuna alleanza con 5stelle». In fondo c'è chi è pronto a scommettere che alla fine, se non cambia la legge elettorale, l'alleanza con Pd e 5stelle ci sarà
«I congressi servono per indicare la rotta. E la nostra rotta è chiara. Con questa legge elettorale, non saremo mai alleati di un Pd ormai piegato sulle posizioni populiste grilline. Noi rivendichiamo una nostra proposta politica, riformista e pragmatica. Anzi, lanciamo una sfida sia al Pd che a Forza Italia e alla parte europeista della Lega: staccatevi da populisti e antieuropeisti e condividete un progetto riformista per l'Italia».
Lo faranno?
«Con questa legge elettorale, né centrodestra né centrosinistra potranno governare con populisti e antieuropeisti».
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