Se c'è un tema che tutti i principali partiti politici italiani stanno cercando di sfiorare appena in campagna elettorale è la politica estera. Esponendosi il meno possibile, tutti sperano di schivare accostamenti che potrebbero essere difficili da spiegare agli elettori. Così facendo, però, la confusione regna sovrana. Lampante l'esempio del Partito democratico che, pur cercando in tutti i più fantasiosi modi di gettare la croce del "putinismo" addosso ai leader di centrodestra, dimentica di essere il primo tra i partiti "ambigui".
Piero Fassino, il sempiterno, presidente della commissione Esteri della Camera, in un'intervista a Il Giorno torna a sventolare il fantasma di Vladimir Putin sull'Italia nel caso in cui il centrodestra dovesse vincere le elezioni: "Sin dall'inizio la Lega ha tenuto un comportamento ambiguo, votando 'sì' ai provvedimenti e alle risoluzioni della maggioranza, ma mantenendo rapporti, peraltro da anni, con il gruppo dirigente di Putin - dice -. Il problema però non è solo il Carroccio. Nei rapporti con l'Europa FdI è ancora più ambiguo: si è dichiarato contrario al superamento del voto all'unanimità, il che vuol dire che l'approccio istintivo della Meloni è il veto e non la ricerca di accordi. E inoltre rifiuta il recepimento nel nostro ordinamento legislativo della normativa europea. Significa cioè che non ci si sarà più un diritto comunitario europeo. Sono due proposte che cambiano radicalmente il posizionamento italiano in Europa, collocandoci tra i Paesi euroscettici".
Giusto, perché il problema centrale per il Pd e per Fassino (e non da oggi) non è che l'Italia possa davvero finire nell'orbita russofila, bensì che il nostro Paese possa finalmente avere la forza e l'autorevolezza per posizionarsi in Europa a difesa del proprio interesse nazionale. Pertanto, i veti non devono essere posti. Mai. Perché ciò che decide Bruxelles non si può e non si deve discutere.
Un altro grande tema in quest'ottica è l'allineamento con l'agenda politica atlantista, quindi a trazione statunitense. Per Fassino, negli ultimi mesi Fratelli d'Italia avrebbe compiuto un'inversione a U rispetto alla storia della destra italiana per guadagnarsi una certa legittimazione agli occhi degli Stati Uniti: "Ricordo che storicamente la destra italiana si dichiarava antisovietica e antiamericana, coltivando il mito della 'terza posizione'. Oggi sposa qualsiasi cosa Washington proponga e si ispira a Trump". Su Forza Italia, invece, dice: "Qualsiasi atteggiamento filoputiniano o filorusso è incoerente con la sua affiliazione al Ppe".
Insomma, per il "Fassino transitivo" chiunque intenda preoccuparsi dei problemi dell'Italia e della gestione di una crisi internazionale che nelle prossime settimane rischierà di abbattersi con violenza sul portafogli delle famiglie italiane è tacciabile di "putinismo". Dopo aver puntato l'indice contro chiunque, Fassino propone la sua interessante idea: il sostegno economico e militare all'Ucraina non si discute, anzi, semmai si implementa, e per tutelare i cittadini italiani basterà proporre l'agenda Draghi: "Prendere misure per ridurre l'impatto delle sanzioni, diversificando le fonti di energia, mettendo un tetto al prezzo del gas a livello europeo, dando una mano alle famiglie e alle imprese sulle bollette". Come da tradizione, dunque, il Pd da un lato giudica "improponibili" tutti gli altri, dall'altro propone programmi non suoi. Semplicemente perché un posizionamento il Partito democratico non ce l'ha. Né in politica interna e né tantomeno in politica estera, dove è sempre stato a dir poco fluido. Basta guardare, infatti, al modo in cui l'Italia dopo anni di governi di sinistra si sia ritrovata a recitare ruoli non da comparsa ma addirittura da spettatrice pagante su tutti i dossier più scottanti della politica internazionale.
Il motivo lo si intuisce facilmente proprio spulciando in casa Pd. Nessuno meglio di Fassino è pienamente cosciente del fatto che, se si inizia a parlare di esteri, il partito implode seduta stante. Lo si è visto in sede di compilazione delle liste, con supercandidati come Raffaele La Regina in Basilicata che negavano a mezzo social l'esistenza dello Stato di Israele e sono stati costretti a rinunciare alla probabile elezione, o l'astro nascente Rachele Scarpa che si scaglia contro "l'occupazione degli spazi palestinesi" da parte di Israele, o della campagna acquisti fatta nel corso degli anni tra la sinistra radicale che ha portato in dote gente come Laura Boldrini (grande sostenitrice della causa palestinese) e Susanna Camusso. Saltata solo al fotofinish, invece, la candidatura di Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana sotto le insegne Pd (nel 2018 parlò di "mattanza di palestinesi per mano del governo israeliano").
A tal proposito, Fassino, in pieno stile dem, minimizza: "Ogni partito ha diritto di manifestare le proprie opinioni, ma questo non influenzerà né la posizione del Pd, né la strategia del centrosinistra. Se c'è un partito che si è sempre battuto contro l'antisemitismo, l'antisionismo e ogni forma di ostilità a Israele questo è il Partito democratico".
Insomma,
ben vengano le opinioni differenti, il dibattito aperto su temi oggettivamente complicati e il dissenso, anche palese, con alcune delle linee che vengono tracciate dai vertici dei partiti. Ma solo se succede dentro al Pd.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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