"Io bersaglio dei populisti". ​Ma Fazio così fa autogol

Fabio Fazio attacca i populisti per le polemiche relative al suo compenso. Ma a criticarlo c'è anche il renziano Michele Anzaldi che al giornale.it dice: "Le sue parole sono un autogol"

"Io bersaglio dei populisti". ​Ma Fazio così fa autogol

Puntuale come ogni anno torna “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, stavolta su Rai3 dopo il passaggio della scorsa stagione da Rai1 a Rai2. E il conduttore, non perde occasione per polemizzare con chi in questi anni lo ha criticato per lo stipendio milionario, a partire da Matteo Salvini.

"Non è stato il solo politico ad attaccarmi, diciamo che è in buona compagnia. Le ragioni? Ascrivibili ad un populismo diffuso, imperante, è molto più facile attaccare quando uno è noto, magari popolare”, dice Fazio intervistato da La Stampa parlando del leader della Lega. E aggiunge: “Ho fatto quello che fanno tanti miei colleghi nel mondo e in Italia. Gerry Scotti, Maria De Filippi, Giovanni Floris. È un modo per avere il controllo totale del prodotto, la garanzia che investirai tutto quello che puoi nel programma”. Fazio è convinto che la Rai debba favorire “la nascita di tante piccole imprese sparse nel territorio” e “aiutare i talenti a crescere”. Per quanto riguarda i costi, invece, il conduttore spiega: “In una sentenza la Corte dei conti ha detto che Che tempo che fa costa la metà di qualunque altro varietà. Abbiamo fatto risparmiare milioni di euro all’azienda, il programma si paga con la pubblicità. Anche questa è stata una campagna diffamatoria, frutto del populismo”.

Tra i parlamentari più critici contro il mega contratto dorato a Fazio e alla sua società “Officina” c’è da sempre il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, segretario della commissione di Vigilanza Rai, certamente non un pericoloso populista o sovranista di centrodestra. Il parlamentare renziano, raggiunto telefonicamente da IlGiornale.it, risponde per le rime al conduttore Rai: “Le parole di Fazio sul suo mega contratto sono un vero autogol. Per difendere l’appalto alla sua società e il ruolo di produttore della sua trasmissione, il conduttore si paragona a Gerry Scotti, Maria De Filippi, Giovanni Floris: tutti volti della tv commerciale, non del servizio pubblico pagato con il canone. Davvero non ci deve essere differenza tra tv pubblica e privata? E poi cita a sproposito la sentenza della Corte dei Conti, che non ha mai detto che il costo della sua trasmissione è la metà di qualsiasi altro varietà, ma la metà delle prime serate seriali di Rai1, come ad esempio Montalbano o le altre fiction. Ma che paragone è?”. Che cosa dice, quindi, la sentenza della magistratura contabile? Su questo Anzaldi preferisce citare il testo dei magistrati: “La sentenza parla di un costo a puntata di 409.700 e un incasso stimato di 615.000 con uno share del 18-20%. In realtà lo share su Rai1 è stato del 15% e su Rai2 si è addirittura dimezzato al’9%, ma i costi sono rimasti gli stessi. Se la Corte dei Conti si pronunciasse oggi come potrebbe sostenere che il programma non sia in perdita? Peraltro quella sentenza assolveva la Rai semplicemente perché aveva previsto quell’incasso: quale sia stato poi”.

Il renziano Anzaldi, poi, fa notare: “Fazio attacca Salvini ma la Rai di Salvini, presieduta dal Marcello Foa, lo ha lasciato al suo posto senza neanche sfiorare l’appalto all’Officina, che è stato rinnovato tutti gli anni dalla Rai gialloverde alle condizioni di Fazio”. A tal proposito, un’indiscrezione dell’Adnkronos rivela che il Cda Rai potrebbe essere prorogato di un anno rispetto alla scadenza naturale del 2021. Un’ipotesi che Anzaldi respinge con forza: “Sarebbe non soltanto illegittimo ma anche il trionfo del tafazzismo. Prorogare il Cda deciso da Salvini, presieduto da un presidente non di garanzia come Foa, sarebbe davvero inspiegabile”. Diversa è, invece, la reazione di fronte alla proposta avanzata dal presidente della Camera Roberto Fico di procedere a una nuova riforma che liberi finalmente la Rai dai partiti. Su questo Anzaldi apre: “L’appello di Fico non può essere lasciato cadere, abbiamo un’occasione storica per riformare davvero il servizio pubblico, anche perché casi come quello di Fazio non sono isolati.

Dal 17 settembre è in vigore il codice di autoregolamentazione contro i conflitti di interessi di conduttori e agenti: in che modo i conflitti di interessi sono stati eliminati? A che serve questo codice se la trasmissione di Fazio, ad esempio, è ancora popolata da volti riconducibili quasi tutti ad un unico agente, ovvero a Caschetto? La Rai M5s vista in questi due anni ha fallito su tutti i campi, dalla lotta agli sprechi alla tutela del pluralismo, per questo l’appello di Fico va ascoltato”.

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