La finanza più forte di Bruxelles

È il paradosso del gas. I prezzi schizzati in un anno dai 27 euro al megawattora ai 316 di venerdì simboleggiano la fallimentare illusione di chi s'illudeva che la forza della "finanza" bastasse per sconfiggere la Russia a colpi di sanzioni.

La finanza più forte di Bruxelles

È il paradosso del gas. I prezzi schizzati in un anno dai 27 euro al megawattora ai 316 di venerdì simboleggiano la fallimentare illusione di chi s'illudeva che la forza della «finanza» bastasse per sconfiggere la Russia a colpi di sanzioni. Invece proprio una «finanza» fuori controllo produce aumenti ingiustificati capaci d'affossare l'economia europea e garantire alla Russia entrate così elevate da rendere trascurabili gli effetti delle sanzioni. Non a caso mentre i governi di Londra, Parigi e Roma cercano di contenere il caro-gas le vendite di energia regalano alla Russia un surplus di oltre 265 miliardi di dollari, il secondo più grande al mondo dopo la Cina. Per capire perché l'Ue sia la principale vittima di questo paradosso non basta accusare il «cattivo» Putin. Bisogna partire, invece, dalle cause degli aumenti. Quella iniziale è la brusca richiesta energetica che scuote la Cina nella primavera del 2021 non appena il contenimento della pandemia rilancia la produzione. Quel mastodontico risveglio determina il primo impazzimento del mercato dei «futures» moltiplicando i costi delle partite di gas destinate all'acquisto nei mesi successivi. La guerra in Ucraina, la decisione europea di svincolarsi dal gas russo e il timore di un taglio totale delle forniture da qui al prossimo inverno stanno poi aggiungendo ulteriore instabilità e volatilità al mercato energetico. Ma in tutto questo il vero fattore fuori controllo resta oggi quello dei «futures», le scommesse finanziarie scambiate sul Ttf (Title Transfer Facility), la piattaforma titoli di Amsterdam su cui si forma il prezzo delle partite destinate all'acquisto nei prossimi mesi. Perchè mentre le quantità consumate dall'Europa e fornite dalla Russia sono dati reali i «futures» si basano su ipotesi basate non solo sulla realtà di mercato, ma anche sui giochi speculativi di grandi gruppi assai più sensibili ai ricavi che non agli interessi di famiglie, nazioni o aziende. Su tutto questo l'Unione Europea, finita nel dopo-Draghi nelle mani di Christine Lagarde sul fronte finanziario e in quelle di Ursula von der Leyen sul fronte politico, non ha né capacità, né volontà di controllo. E non solo perché a differenza degli Usa non dispone di gas, ma perché si affida a due leader prone al più esasperato liberalismo di mercato. Del resto molti governi europei, primo fa tutti quello olandese, hanno contribuito ad affossare il «price cap» il tetto al prezzo del gas proposto da Mario Draghi. La soluzione, indispensabile a sanare una situazione d'emergenza, viene scartata e negata non perché scarsamente efficace, ma perché poco coerente con l'ideologia del libero mercato.

E così il paradosso del gas diventa a livello europeo il paradosso di un fondamentalismo liberista così ottuso da preferire il sacrificio di famiglie, aziende ed economie nazionali al mancato rispetto dei distorti principi che legittimano le speculazioni sulla roulette energetica di Amsterdam.

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