Nella fase 2 tutti dovranno portare le mascherine, che non solo costano dieci volte rispetto a prima dell'emergenza, ma vengono tassate con l'Iva al 22%. E non al 4%, l'aliquota fiscale prevista per i beni primari come pane e latte. Federfarma, l'associazione di categoria dei farmacisti, i sindaci e politici in maniera bipartisan hanno chiesto da giorni al governo di agire almeno sul taglio dell'Iva. E finalmente ieri, il commissario straordinario per l'emergenza Domenico Arcuri, ha annunciato che «nelle prossime ore fisseremo il prezzo massimo al quale le mascherine potranno essere vendute. E lo faremo sia con riferimento al prezzo che all'aliquota fiscale connessa allo stesso». Il governo potrebbe anche abolire l'Iva nel prossimo decreto legge sull'emergenza, ma bisogna fare presto per cancellare gabelle che suonano odiose e fermare gli approfittatori della guerra contro il virus.
Il presidente dell'Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, ribadisce che «un prezzo fisso per le mascherine è una misura indispensabile e non più rinviabile. Non si può disporre l'uso obbligatorio di un dispositivo a tutela della salute pubblica, e poi lasciare che ci possano essere speculazioni di mercato come purtroppo è accaduto in queste settimane».
Italia viva di Matteo Renzi ha lanciato una petizione per chiedere al governo di abbassare l'Iva per le mascherine al 4% come la frutta, gli ortaggi, l'olio d'oliva, la pasta, protesi, carrozzine per gli invalidi e alcune prestazioni sanitarie a favore degli anziani. Lo stesso ministro della Salute, Roberto Speranza, ha caldeggiato l'abbassamento dell'Iva. La richiesta di mascherine tax free ha raccolto adesioni bipartisan da Liberi e uguali al senatore di Forza Italia Massimo Mallegni.
E soprattutto Federfarma invoca da giorni «di ridurre al 4% l'Iva su mascherine rispetto all'attuale aliquota del 22%, in modo tale da garantirne la vendita a prezzi equi e accessibili a tutti». E contro le speculazioni e alterazioni dei prezzi ribadisce che «le farmacie sono le prime vittime» che «si assoggettano a condizioni capestro di acquisto pur di rendere disponibili le mascherine».
Una tabella fornita al Giornale da una normale farmacia di Trieste mostra aumenti incredibili alla fonte. Prima dell'emergenza il farmacista poteva acquistare una scatola di 50 mascherine chirurgiche per 4,93 euro. A causa della pandemia il prezzo è esploso a 57,95. Lo scorso anno si vendevano le poche mascherine richieste a 17 centesimi a pezzo con un ricarico della farmacia del 72%. Adesso il farmacista è costretto a venderla a 1,50 con un margine di appena il 29,42%. «Questa è la realtà. Nel 2019 compravo una mascherina a 10 centesimi adesso a 1,16. L'incremento dal fornitore è di oltre il mille per cento. Per non parlare del fatto che siamo bersagliati da offerte strampalate di faccendieri, intralazzoni, produttori fai da te. Mi è capitato anche l'offerta di mascherine da una carrozzeria», spiega Massimiliano du Ban, titolare di una storica farmacia triestina.
Federfarma, per prima, ha chiesto «al commissario Arcuri l'indicazione di un prezzo imposto» si legge in un comunicato del 22 aprile. E chiedono meno burocrazia relativa ai marchi CE, che provocano spesso incursioni dei Nas.
Il problema è anche l'enorme numero di protezioni che saranno necessarie per
ripartire dopo l'isolamento. Secondo il rapporto Imprese aperte, lavoratori protetti del Politecnico di Torino, serviranno 9 milioni di litri di gel igienizzante al mese, mezzo miliardo di guanti e un miliardo di mascherine.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.