Altro che prendere la situazione sotto gamba. Lo scorso 27 febbraio, quando ancora l'epidemia del nuovo coronavirus doveva iniziare a diffondersi in tutto il Paese, Attilio Fontana si presentava in una diretta Facebook con il volto ricoperto da una mascherina. Molti lo accusarono di ingigantire un problema irrisorio, quasi inesistente. In realtà il governatore della Regione Lombardia aveva capito prima di tanti altri la gravità di una situazione che da lì a poco avrebbe trascinato l'Italia in un incubo.
A proposito di mascherine, che tante polemiche hanno attratto in questi giorni in merito ai “poteri concorrenti” nella gestione tra governo e regioni, nel corso di un'intervista rilasciata al quotidiano La Verità, Fontana ha chiarito un paio di concetti: “Arcuri (Domenico Arcuri, commissario all'emergenza Coronavirus ndr) dimentica che i poteri concorrenti sono sulla gestione ordinaria. Altrimenti non ci sarebbe motivo di avere nominato un commissario per l' emergenza, non cerchiamo di confondere la Costituzione. In quanto al resto, a me dicono per esempio che 900 mila mascherine comprate da noi sono arrivate in Italia, sequestrate dalla Protezione civile e poi date alla Regione come fosse un dono. Ma erano già nostre”.
Bergamo zona rossa mancata
Fontana ripercorre poi le caotiche giornate in cui il governo stava ragionando su come (e quando) attuare le restrizioni. Quando da Roma è arrivato un secco no alla chiusura dei comuni della Bergamasca, la sensazione era che l'esecutivo volesse la zona rossa per tutta la regione. “Il provvedimento andava verso quella direzione – ricorda il governatore - Se ne era parlato a lungo, ne avevano discusso i nostri tecnici con quelli di Palazzo Chigi, pure loro ritenevano valida la richiesta, anche perché su Codogno la zona rossa stava dando risultati molto positivi. C' è stato un sì-no, sì-no per due o tre giorni, poi si è deciso per la zona arancione, e cioè protetta, in tutta la Lombardia. Niente zona rossa su Bergamo”.
Riguardo la zona rossa su Bergamo, Fontana era convinto che “quella sera sarebbe stata disposta la zona rossa perché mi arrivavano telefonate dal territorio, c' erano molti militari che alloggiavano negli alberghi lì attorno, quindi ero praticamente convinto che ci sarebbe stato il provvedimento”. Alla fine niente di tutto questo è accaduto: “Qualcuno ha dato disposizioni diverse”.
I tamponi e l'autonomia delle regioni
Tornando sulle mascherine, il governatore condivide la rabbia dei medici di base, soprattutto quelli della bergmasca, a corto di dispositivi di protezione: “Le mascherine dovevano essere fornite dalla Protezione civile e quindi dal governo e quindi dallo Stato”. Sui tamponi il discorso è più complesso di quanto non si possa immaginare: “Anche se riuscissimo a farne settemila al giorno invece che cinquemila, non sarebbero significativi per impostare il discorso epidemiologico. Oltretutto il tampone è valido un solo giorno. Avrebbe senso se io potessi tenere sotto controllo un' intera popolazione, se potessi fare tutti i giorni un milione di tamponi”.
Infine Fontana lancia l'ultima stoccata a Roma: “Se ci fossimo
approcciati a questa emergenza con maggiore autonomia, prima di tutto avremmo avuto più medici e infermieri e non avremmo costretto il nostro personale a essere in affanno per il lavoro troppo intenso”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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