Nel numero di dicembre 2014 di Causuer , mensile conservatore francese, il filosofo Alain Finkielkraut commenta la seguente notizia: una dozzina di terroristi islamici partiti per combattere in Siria proviene dalla cittadina di Lunel, Sud della Francia, 26mila abitanti. Racconta Finkielkraut: «Lunel è stata, nel Medioevo, un centro filosofico ebraico, una piccola Gerusalemme. Oggi resta quasi nulla di quella comunità ebraica fiorente. Uno dei muri dell'hôtel particulier è stato riconosciuto come quello dell'antica sinagoga, il comune ha apposto una targa. In compenso, nel 2010, a Lunel è sorta una moschea... Nella città di Lunel, oltre vent'anni fa, Renaud Camus ha provato l'impressione alienante del cambiamento radicale di un'intera società. In una conferenza pronunciata a Lunel, il 26 novembre 2010, Camus ha esposto la teoria della Grande Sostituzione».
Renaud Camus? Grande Sostituzione? Di chi e cosa sta parlando Finkielkraut? Renaud Camus è un autore francese, impegnato in politica e fondatore del Parti de L'In-nocence, formazione elettoralmente vicina al Front National da quando Marine Le Pen ha preso il posto del padre Jean-Marie. Camus, nonostante l'etichetta di ultra-destro, sfugge alla classificazione entro schemi canonici. Il suo partito ha un programma più che altro culturale, fondato sulla riscoperta dell'identità francese attraverso la riforma, che poi è un ritorno alla tradizione, della scuola. Innumerevoli ma vani i tentativi di liquidarlo come sciovinista, razzista, fascista. Negli ultimi giorni, quotidiani e siti d'informazione di sinistra hanno accusato Camus, e insieme con lui altri scrittori non allineati al multiculturalismo, di aver istigato all'odio contro gli immigrati e addirittura di aver creato il clima di tensione nel quale è maturato il massacro di Parigi. Come a dire: i responsabili (morali) sono gli adepti del politicamente scorretto... Il curriculum artistico di Camus è internazionale, con maestri e amici che vanno da Aragon a Warhol passando per Gilbert&George, Bob Wilson, Rauschenberg. Omosessuale dichiarato, il suo libro più famoso è Tricks (Textus), un diario di incontri sessualmente «proibiti» con prefazione di Roland Barthes. Trascinato in tribunale per le sue parole su islam e immigrazione, ne è uscito con una condanna ma anche col sostegno dell'intellighenzia. Sempre scomodo, lui, sostenitore di Israele, in passato è stato accusato di antisemitismo. In quel caso si schierarono dalla sua parte personalità del mondo ebraico francese, tra cui lo stesso Finkielkraut. È comunque un dato di fatto che le idee di Camus, radicali ed espresse senza mezzi termini, siano ampiamente presenti nel dibattito in corso in Francia. Facile trovarne traccia, ad esempio, nel romanzo Sottomissione di Michel Houellebecq o nel saggio bestseller Le Suicide français di Eric Zemmour.
Ma cosa vide Camus a Lunel, città di forte immigrazione araba? Leggiamo ne Le Grand Replacement (2012): «Un giorno rimasi stupefatto perché, nel giro di una generazione, la popolazione era completamente cambiata. Non era più lo stesso popolo d'un tempo ad affacciarsi alle finestre e camminare sui marciapiedi. Pur immerso nei luoghi della mia cultura e della mia civiltà, stavo passando in mezzo a un'altra cultura e un'altra civiltà. Non sapevo ancora che questa svolta fosse stata abbellita col termine ingannatore di multiculturalismo». La Grande Sostituzione consiste proprio in questo: rimpiazzare un popolo con un altro. L'immigrazione selvaggia cambia i rapporti demografici all'interno dei quartieri metropolitani e delle cittadine di provincia. Gli stranieri chiedono (e ottengono) la cittadinanza ma non intendono diventare francesi. Lo sono dal punto di vista formale ma non sostanziale. Di fatto conservano la propria lingua, i propri costumi e non si riconoscono nella cultura della nazione che li ospita. Il che dimostra che concedere la cittadinanza non conduce all'integrazione ma alla concezione di «popolo» come fatto puramente amministrativo. Questo processo ha una portata storica, secondo Camus si tratta di una autentica «contro-colonizzazione». L'impatto è avvertito soprattutto nelle banlieues ove regnano il malessere e la violenza. Porre un argine alla delinquenza è necessario ma il problema va oltre l'ordine pubblico. Le periferie sono anonime terre di nessuno e quindi di conquista.
In questo quadro, l'accento sulla cultura è prioritario. Essere francesi, infatti, significa soprattutto riconoscersi nella storia e nella tradizione letteraria-filosofica d'Oltralpe. Ciò che rende possibile la Grande Sostituzione è quindi il crollo dell'istruzione o, nella definizione di Camus, la «Deculturazione». La pedagogia ha distrutto l'università e la scuola, imponendo l'idea che sia più importante «come» si insegna rispetto al «cosa» si insegna. Una idiozia che finisce col relativizzare l'importanza della cultura nazionale. Il dominio del politicamente corretto conclude l'opera di rimbecillimento generale screditando come «razzisti» tutti coloro che rifiutano il multiculturalismo, chiedono di regolare il flusso migratorio, stabiliscono un legame tra il numero di clandestini e il dilagare del crimine, rivendicano le proprie radici, criticano alcuni aspetti del mondo islamico. A proposito di islam. Il discorso di Camus non riguarda strettamente i musulmani ma l'immigrazione in generale. Tuttavia, proprio la comunità islamica, in Francia imponente, è la più difficile da assimilare perché la religione, a detta dello scrittore, impone conversione ed espansione, comunque si voglia declinare questo termine, a danno degli infedeli. Resta una domanda: chi è la mente della Grande Sostituzione? Una mente non c'è. Non ci sono complotti. C'è invece la globalizzazione, che ha bisogno di manodopera e di consumatori intercambiabili. Sostituibili, appunto.
E questo è l'aspetto che rende Camus indigesto anche ai liberali.In Francia c'è una discussione molto accesa sui temi qui appena accennati. Segno che a Parigi si cercano strumenti con i quali affrontare un presente che fa paura. Anche a noi. Ma qui tutto tace.
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