È fuga dalla Russia: code alla frontiera e voli di sola andata. Oltre mille arresti

L'esodo dei russi, che bussano all'Europa. Prenotazioni aeree esaurite. Borsa a picco. Proteste nelle città, pugno duro di Mosca

È fuga dalla Russia: code alla frontiera e voli di sola andata. Oltre mille arresti

Una coda di 40 chilometri al confine tra Russia e Finlandia, unica via di fuga terrestre ancora aperta ai russi, dopo che i Paesi baltici e la Polonia hanno bloccato i visti turistici. Voli dalla Russia esauriti in poche ore, al prezzo base di 1200 euro, verso Qatar, Egitto, Dubai, Israele, ma soprattutto Georgia, Turchia, Serbia e Armenia, che consentono ai russi di entrare senza visto, dopo lo stop ai collegamenti aerei con l'Occidente. Oltre un migliaio i manifestanti arrestati - e i numeri si aggiornano di ora in ora - per le proteste in ogni angolo del Paese, come non accadeva dall'invasione dell'Ucraina.

C'è la grande fuga e l'eroica resistenza. C'è chi scappa e chi resta, ma critica la «guerra» al regime, finendo in carcere solo per averla chiamata col suo nome. Succede tutto in Russia, dopo la mobilitazione parziale dei riservisti annunciata da Vladimir Putin. L'escalation militare e verbale - una nuova chiamata alle armi - è chiara a tutti. Alla Borsa di Mosca, che perde il 3,8%. Ai Paesi di confine, che assistono all'esodo di migliaia di russi, mentre si preparano a fronteggiare i nuovi soldati del Cremlino ai propri confini. Fuggitivi e militari premono alle porte dell'Europa. Tanto che la Lituania mette in massima allerta la forza di reazione rapida, «per prevenire qualsiasi provocazione da Mosca».

Ieri era la giornata internazionale per la Pace. Ma per averlo ricordato con un cartello contro la «guerra sanguinosa» in Ucraina, davanti alla sede della tv di Stato di Mosca, e per aver definito la mobilitazione «la strada verso l'inferno», l'attivista Vladimir Saltevsky è stato fermato dalla polizia. Un copione che si è ripetuto in ogni angolo della Russia, dove oltre mille manifestanti sono stati arrestati, dalla Siberia all'estremo oriente, e a molti è negato il diritto di vedere un avvocato.

«La mobilitazione è una tragedia», conferma dal carcere duro il principale oppositore di Putin, Alexey Navalny, che ha chiamato i russi alla protesta: «Ora alcuni lavoratori di Kovrov (città a 250 chilometri da Mosca), trentenni, saranno chiamati a morire da qualche parte vicino a Kherson», in Ucraina. «Putin vuole imbrattare centinaia di migliaia di persone con questo sangue». E all'escalation minacciosa di «Zar» Vladimir corrisponde una nuova ondata di indignazione popolare, pari alle proteste esplose dopo l'invasione dell'Ucraina, scatenando, ieri come oggi, la pesante repressione del regime. È il segnale che l'insofferenza cresce nel Paese e che, nonostante le minacce, Putin non è solamente più debole sul campo militare.

«I nostri mariti, padri e fratelli non vogliono uccidere altri padri e figli», recitava uno dei cartelli esibiti ieri. «Abbracciatemi se anche voi avete paura», invocava un altro. La diserzione è una minaccia concreta per il regime, tanto che la Duma, a poche ore dalle dichiarazioni del presidente russo, ha approvato un inasprimento delle pene, in particolare per disertori o renitenti alla leva, e la procura di Mosca avvisato ieri che chi parteciperà alle proteste rischia fino a 15 anni di carcere. La rivolta cresce, la repressione si fa più dura. E la chiamata alle armi spaventa i russi. Le ricerche su «come rompersi un braccio» hanno registrato ieri un picco su Google. Che si somma alla febbre da fuga dal regime, alimentata dai timori di chiusura del confine per tutti gli uomini fra i 18 e i 65 anni. Anche Nikolai Peskov, figlio del portavoce del Cremlino, Dimtry, chiamato in causa dal team Navalny che si spacciava per l'ufficio leva e gli chiedeva se si sarebbe presentato al fronte, ha risposto che tenterà di scamparla: «Sono il signor Peskov. Risolverò la cosa a un altro livello».

Ma gli spazi di fuga si restringono.

La Lettonia ha annunciato che non rilascerà visti umanitari ai russi che si sottraggono alla mobilitazione. È la prossima sfida dell'Unione europea, che ha sospeso l'accordo con la Russia, limitando i permessi di viaggio.

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