Al pm Cecilia Vassena che lo ha interrogato ieri pomeriggio, quando è stato dimesso dall'ospedale Niguarda, e ai carabinieri della compagnia Magenta intervenuti sul posto insieme ai colleghi del nucleo investigativo, non ha esitato a dichiarare che avrebbe desiderato eliminare «ogni forma vivente» a casa sua. Un'abitazione nella quale a suo parere si stava consumando una situazione di sofferenza per lui evidentemente diventata intollerabile se, dopo aver accoltellato la suocera 92enne più di venti volte nel suo letto, si è accanito sulla moglie che dormiva e persino sul gatto. Quindi, usando sempre il medesimo coltello da cucina, si è ferito più volte al torace. Ormai pacificato, naturalmente a suo modo, con se stesso e con il mondo, si è seduto e a quel punto ha chiamato il 112 per lanciare l'allarme. Ora l'anziana, Dilva F., lotta contro la morte nel suo letto d'ospedale all'ospedale San Carlo e gravissime sono anche le condizioni della figlia Cinzia Rita B., 62 anni, archivista alla sede Rai di Milano, operata d'urgenza ieri mattina al Niguarda. Mentre scriviamo ci dicono che entrambe le donne potrebbero non superare la notte.
Erano le 6.30 di ieri mattina in via Raffaele Lambruschini 29, area di poche case dietro il campus del Politecnico, alla Bovisa, zona universitaria alla periferia nord della città quando sono arrivati i militari dell'Arma. Tuttavia quello che al momento resta un duplice tentato omicidio dovrebbe essere avvenuto intorno alle 4.30. Qui, dove tutti gli edifici sono recentissimi, spicca la casa bordeaux di ringhiera su due piani dove, tra le tante, abita anche la famiglia di Giuseppe Bianco, 66enne ex operaio in pensione, residente al primo piano dello stabile dove c'è una balconata che dà direttamente sulla strada.
Sembra che l'uomo - descritto da tutti come tranquillo e pacato - non avesse mai dato segni di squilibrio così come non risulta in cura presso strutture ospedaliere o da degli specialisti. Quel che è certo, invece, è che le serie patologie di cui soffre invece l'adorata moglie (pare la chiamasse con tutti la mia Cinzia e non lesinasse anche davanti agli altri manifestazioni d'affetto nei suoi confronti), costretta in smartworking anche dalla sua malattia, lo preoccupassero non poco. Così come non lo lasciavano indifferente le condizioni della suocera che, pur non essendo allettata, non è più autosufficiente da tempo e di giorno si avvale anche dell'aiuto di una badante.
Proprio l'intensa sofferenza delle due donne potrebbe aver scavato giorno dopo giorno dentro Giuseppe Bianco un malessere profondissimo, forse aggravato anche dalla purtroppo non improbabile
minaccia del contagio. La coppia non ha figli: mettendo fine alla vita di tutti, persino a quella del micio, Bianco sembra quasi abbia voluto in qualche modo eliminare definitivamente da casa sua il dolore e chi ne soffriva.
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