Le tariffe erano basse, dai 10 ai 15 euro da pagare in nero, ed era un servizio che prestavano utilizzando il materiale ospedaliero del Policlinico di Bari. I pazienti pagavano per poter fare prelievi e terapie a domicilio, senza sapere che le siringhe e il materiale sanitario utilizzato era stato sottratto illecitamente dal posto di lavoro. Per questo dieci infermieri del Policlinico di Bari, impiegati nel Centro emofilia e trombosi della struttura ospedaliera pugliese, sono indagati per peculato per fatti avvenuto tra il 2016 e il 2017. A distanza di anni ai dieci infermieri è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini da parte del pubblico ministero Marco D'Agostino. E ora rischiano il processo.
Come si legge dal capo d'imputazione, si sarebbero appropriati «indebitamente» di materiale ospedaliero, «non distribuibile al personale infermieristico né autonomamente prelevabile e detenibile» dagli stessi infermieri. Per effettuare i prelievi a domicilio e le terapie ai pazienti in cura, gli infermieri chiedevano piccoli regali in denaro, caffè, bottiglie di vino o altri doni. Un aspetto, quello dei guadagni illeciti, che però non è contenuto in specifiche imputazioni perché il reato è ormai prescritto, contrariamente al peculato relativo al furto del materiale ospedaliero sottratto in reparto. In questa vicenda il Policlinico di Bari è considerata parte offesa.
Non si tratta della prima vicenda simile nella sanità barese. Lo scorso settembre in sette, tra infermieri e operatori sanitari dell'istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari patteggiarono pene da un anno e quattro mesi a due anni per essersi impossessati di farmaci e dispositivi medici della struttura. In tre furono rinviati a giudizio (tra cui un ex primario di Oncologia medica, già condannato per avere costretto alcuni pazienti a pagare per visite e somministrazioni di chemio alle quali i malati avrebbero avuto diritto gratuitamente) mentre, in abbreviato, un infermiere fu assolto e un altro condannato a un anno con pena sospesa. Anche in quel caso i «furbetti» si appropriarono di farmaci e dispositivi sanitari per utilizzarli in visite private in nero.
Era stata una ex infermiera a fare partire l'indagine dopo aver documentato decine di furti di materiale di ogni genere: medicinali, flebo, cateteri, garze pannoloni, traverse. Le intercettazioni telefoniche e ambientali audio e video all'interno del reparto hanno fatto il resto, incastrando i sanitari infedeli.
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