Se questo è un guru, io non sono uno scrittore ma una ballerina di flamenco. Perché alla fine mica è colpa sua, ma di chi ha eletto Fedez un maître à penser. Alla fine Fedez mi lascia indifferente, ma anche tutti quelli che si scandalizzano, di volta in volta, quando a destra quando a sinistra, per quello che dice o non dice. Questa volta è toccato all'intellighenzia di sinistra, mentre su Repubblica è intervenuto Mattia Abbate, affetto da distrofia muscolare, riguardo alla polemica scoppiata in seguito all'ultima puntata del Podcast di Fedez, che ospitava Emanuel Stoica, tiktoker affetto da Sma.
Il nostro rapper con milioni di follower ha sciorinato davanti all'ospite, che è inchiodato su una carrozzina elettrica, tutti i luoghi comuni sulla disabilità, perché «in fondo siamo tutti disabili, anche uno che non è bravo in matematica è diversamente abile», e parlando anche della «fortuna disabile» di chi prende 1000 euro al mese senza fare niente, solo perché è disabile. Il duetto con Emanuel era comunque consensuale, anche perché Emanuel guadagnerà follower grazie a Fedez (quant'è buono Fedez), tant'è che, sentite questa, all'affermazione di Fedez secondo cui «Le donne disabili vogliono essere scopate», Emanuel risponde «Almeno a una donna disabile non devi dire di stare ferma». Avete riso? Non avete riso? In realtà io non l'avrei neppure saputo se non fosse scoppiato il solito pandemonio, mica sto lì a seguire e pensare a cosa pensa e dice Fedez. Il problema è che l'attivista Mattia di Repubblica la prende per il verso sbagliato, perché dire che le battute sui disabili non vanno fatte è sbagliato, in teoria le battute si possono fare su chiunque, dipende dal contesto (altrimenti si finisce in un altro luogo comune politically correct). E il contesto è quello di Fedez, intellettualmente parlando un contestino, follower o non follower. Lo spiegano bene geni della comicità come Louis CK, Jimmy Carr, Jim Jefferies, o Dave Chappelle, che nei loro spettacoli prendono di mira chiunque, dai gay ai cattolici, dai musulmani agli ebrei agli afroamericani agli obesi agli autistici. Il più grande di tutti, Ricky Gervais (il suo Supernature è al primo posto nel mondo da mesi), lo spiega chiaro e tondo: «Ciò che dico in un mio spettacolo non è il mio pensiero, è uno spettacolo, se ridete la battuta è riuscita, su qualsiasi argomento sia, se non fa ridere è sbagliata».
Vale per le opere d'arte, e per i romanzi (altrimenti mi avrebbero messo in prigione da venticinque anni). C'è una differenza artistica, però, che separa per esempio American Psycho di Bret Easton Ellis (un capolavoro) dal Mein Kampf di Adolf Hitler (un orrore di propaganda razzista).
Insomma, la questione è che Fedez non è Ricky Gervais, e il suo podcast non è una stand-up comedy, ma non è neppure uno con cui prendersela tanto: voglio dire, sta alla musica
come Selvaggia Lucarelli alla letteratura, e al pensiero più che a Heidegger a Heidi, lasciategli dire quello che vuole, che male volete che faccia. A me è simpatico, l'ho sempre visto come la moglie pettegola di Chiara Ferragni.
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