Genere e scuola, i nodi da sciogliere

La Cei aveva già evidenziato criticità nel testo: "Derive liberticide e caos sui sessi"

Genere e scuola, i nodi da sciogliere

Se c'è un'aura di sorpresa persino in Vaticano intorno alla «nota verbale» con cui la Santa Sede ha ricordato il Concordato, è solo perché di solito i documenti diplomatici non finiscono in piazza o sul Corriere della sera, come è successo questa volta. Niente di misterioso nella nota consegnata dal ministro degli Esteri vaticano, Paul Gallagher, all'ambasciatore italiano in Vaticano Pietro Sebastia, in cui si ricorda che alcuni punti della legge contro l'omotransfobia in discussione al Senato violerebbero il Concordato, perché mettono a rischio la libertà di pensiero, di insegnamento, di culto, persino di riunione e di manifestazione del pensiero.

I contenuti non erano certo segreti. La presidenza della Conferenza dei vescovi italiani ha dedicato alla legge Zan approvata alla Camera e in discussione al Senato due note molto esplicite. Senza dire che politici cattolici e liberali, giuristi, femministe, esponenti di mondi diversissimi hanno fatto a gara di critiche e paure.

La prima nota della Cei, 10 giugno 2020, teme «derive liberticide per cui - più che sanzionare la discriminazione - si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione»: per esempio, sottoporre a procedimento penale «chi ritiene che la famiglia esiga un papà e una mamma». Nella seconda nota del 28 aprile scorso si sottolinea che la legge penale mette in questione «la realtà della differenza tra uomo e donna». Con tutti i rischi per chi la pensasse diversamente. I dubbi non riguardano la lotta contro l'omofobia ma questa legge penale specifica. I documenti della Cei (e non solo) citano le parole di Papa Francesco nell'Amoris Laetitia per cui «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata» e che bisogna «evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e ogni forma di aggressione e violenza».

Nella nota della segreteria di Stato si segnalano «punti critici da considerare» e si contestano l'articolo 2 comma 1 e 3 della riforma al Concordato e cioè che la Repubblica (comma 1) «riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione» come «la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». Il comma 3 garantisce «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Libertà costituzionalmente garantite che non toccano solo i cattolici, anche se la Santa Sede ha titolo a esprimersi per loro.

I punti contestati del ddl Zan non mancano. L'articolo uno introduce le definizioni confuse di sesso, genere, identità di genere, orientamento sessuale (difficile persino per i giudici comprendere le differenze, sostengono i critici) oltre che la libera dichiarazione di cambiamento di genere, in base solo a una propria decisione, che può variare più volte nella vita. L'articolo 2 condanna la definizione «propaganda di idee» senza «istigazione a delinquere»: basterebbe cioè esprimere un'idea per rischiare il carcere. Altrettanto pericoloso è ritenuto l'articolo 4 sui reati di opinione, perché norme penali possono limitare la libertà di espressione.

Infine, non meno importante, l'articolo 7 sulle attività obbligatorie nelle scuole che introdurrebbero, indipendentemente dalla volontà dei genitori, la dottrina gender fluid in base alla quale il sesso non è una realtà naturale ma qualcosa che si sceglie da sé. Il Vaticano si è lamentato che quest'obbligo sia stato esteso alle scuole private cattoliche.

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