La gogna non è giustizia, per nessun reato

Ridurre le intercettazioni a uno scontro tra manettari e simpatizzanti dei delinquenti è la mortificazione della civiltà sociale e giuridica.

La gogna non è giustizia, per nessun reato

Ridurre le intercettazioni a uno scontro tra manettari e simpatizzanti dei delinquenti è la mortificazione della civiltà sociale e giuridica. La gogna sulla pubblica piazza non è l'atto finale della giustizia, ma solo l'appagamento della peggiore anima popolare. D'accordo che la folla ha sete di nemici su cui scaricare le paturnie, ma dopo trent'anni la misura può ritenersi anche colma. Tanto più che la vagheggiata superiorità morale politicamente colorata non è stata trovata. Ci sono solo e dovunque onesti e disonesti, i secondi a loro volta ripartiti tra chi ha facoltà di approfittarsi e chi invece non è riuscito a entrare nel giro, o non ancora.

In punto di civiltà giuridica, non essendo in discussione la persecuzione del crimine, il dibattito è sulla scelta del bene da privilegiare. Da un lato, massimizzare la capacità di intercettare e combattere i piani criminosi. Dall'altro, proteggere la riservatezza, su fatti non attinenti all'indagine, di chi non è indagato. Qualsiasi opzione comporta una perdita.

La soluzione che stiamo ascoltando è di quelle dettate dagli appetiti del popolo. Il mafioso o il terrorista sono talmente esecrabili da valere la rovina della vita di un povero cristo e l'umiliazione dei suoi familiari. Viceversa, gli altri reati non meriterebbero tale sacrificio. Quali reati? E se poi ci scappa il morto o la violenza? Dal campo, magistrati e forze dell'ordine fanno notare che alcuni reati pubblicamente ritenuti minori, come la corruzione, possono essere essenziali per contrastare mafie e terrorismo. Insomma, cercare la soluzione al dilemma nella classificazione dei reati non pare la via migliore.

Allora c'è chi sostiene che non vadano limitate le intercettazioni bensì la loro diffusione. Vero, ma come? Questa strada porta dritta alla libertà di stampa: apriti cielo! No, se una cosa esiste può finire sui giornali. Se non oggi, domani. Anche perché il processo è pubblico. Ricapitolando: le intercettazioni sono necessarie, va bene, ma dentro ci sono frasi e persone estranee all'indagine e se finiscono negli atti processuali poi diventano pubbliche, non va bene. È da questo percorso che deve uscire la soluzione. Filtrare frasi e dichiarazioni per eliminare e cancellare quelle non pertinenti? Facile a dirsi.

La tecnologia e l'intelligenza artificiale possono aiutare? Forse sì. Ecco, di questo si dovrebbe ragionare con un pubblico civile. La sfida tra giustizialisti e presunti favoreggiatori no, è solo umiliante. Per chi la agita e per chi la segue.

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