Giù le mani dalla Guardia costiera. Soprattutto dai 2200 uomini e donne che operano in mare e si fanno in quattro per salvare i naufraghi. La Guardia costiera è sotto tiro per colpire il governo con un'orchestrata campagna politica della sinistra e dei talebani dell'accoglienza delle Ong alimentata dal volano della grande stampa. «In queste ultime settimane i messaggi fra di noi, sia dei giovani, che dei veterani sono intrisi di sconforto e frustrazione. Siamo obiettivo di attacchi ingenerosi. Quello che da più fastidio è che non si basano su dati di fatto. Le accuse puntano sul nulla cosmico. Per questo fanno male» racconta un ufficiale superiore al Giornale rendendo noto il profondo malumore del corpo.
Non a caso Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e trasporti, ha incontrato ieri i vertici della Guardia costiera. E difeso a spada tratta il corpo. «Solo pensare che i 10.200 marinai e marinaie della Guardia costiera possano deliberatamente scegliere di non salvare qualcuno mentre stanno facendo un lavoro umanamente straordinario è qualcosa di disgustoso» ha dichiarato a Radio 24. E aggiunto: immaginare «Salvini che chiama di notte l'Ammiraglio Carlone comandante della guardia costiera: no mi raccomando è partito un barcone, lasciali affondare, è una roba da deficienti».
Lo sfogo di chi è in prima linea nei soccorsi ricalca questo concetto: «Qualcuno pensa veramente che ci giriamo dall'altra parte se la gente annega? Siamo marinai e un tempo non lontano chi oggi ci attacca ci definiva angeli del mare. Continuiamo a salvare più vite possibili, ma siamo dipinti come assassini». Le parole della nuova segretaria del Pd, Elly Schlein, che senza sapere nulla del naufragio al largo di Bengasi ha accusato la Guardia costiera di «avere puntualizzato in maniera pilatesca» offendono il personale del mare.
Lunedì sera a Quarta repubblica il comandante del Centro di soccorso, capitano di vascello Gianluca D'Agostino, un veterano, ha parlato forte e chiaro. Le reazioni degli uomini in mare non si sono fatte attendere: «Finalmente le parole giuste con le immagini giuste (...) Ha reso chiaro l'impegno umano del nostro lavoro (...) Comandante ci hai rappresentati tutti nel modo migliore, cuore oltre all'ostacolo».
Ieri nave Gregoretti, in servizio per la tutela della pesca, è stata criticata perché «sequestra tonni mentre la gente muore». Ovviamente passa in secondo piano che l'11 marzo, il giorno del barchino in difficoltà al largo di Bengasi, che poi si è ribaltato, la Guardia costiera soccorreva 1200 migranti in diversi eventi. Anche a 100 miglia dalla costa, ma in acque di ricerca e soccorso italiane. «In mezzo alle onde si rischia la vita per una paga minima, soprattuto fra i giovani - racconta chi lo vive - È tutta politica. Gli attacchi sono strumentali e danno addosso a noi per colpire il governo».
Il soccorso in mare schiera le ammiraglie Dattilo e Diciotti, navi di 100 metri con ponte di volo, il Gregoretti di 60 metri, tre unità di 50 metri e altre nuove lunghe 35. Oltre ad una trentina di motovedette, quelle con il gommone arancione attorno, le Classe 300 che si spingono fino a 100-150 miglia dalla costa. La Guardia costiera ha pure quattro squadre di volo, ma con soli tre aerei Atr, un po' vecchiotti e 16 elicotteri.
Le bestie nere sono le Ong dei talebani dell'accoglienza. «Qualche anno fa si sono riuniti a Tunisi - ricorda una fonte - stilando un documento che pianificava la strategia contro l'Italia. E adesso stanno portando avanti gli attacchi pure con un esercito di agguerriti avvocati che sparano esposti per metterci i bastoni fra le ruote attraverso la magistratura.
Sono riusciti addirittura a denunciarci alla Corte europea dei diritti dell'uomo, neanche fossimo dei criminali di guerra». Un altro ufficiale superiore conferma che «le Ong sono una macchina da guerra. Hanno navi, aerei, un centralino dei migranti per le chiamate d'allarme. Vogliono sostituirsi ai Centri di soccorso degli Stati».
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