Pensavano di farla finita in tre giorni. Di prendere Kiev, di destituire il governo e fare dell'Ucraina uno stato fantoccio per appagare le ambizioni imperialiste di Putin e porre un confine netto tra Russia e Occidente. Hanno sbagliato i piani. Dalle parti del Cremlino non avevano fatto i conti con l'orgoglio degli ucraini, con la forza e il coraggio di un Paese di resistere anche contro un avversario più forte. E non avevano messo in conto nemmeno l'impegno dell'Occidente, che di fronte a quella che è e rimane un'inaccettabile invasione, anche se con limitazioni e veti più o meno discutibili, ha scelto di non stare a guardare e ha deciso da subito da che parte stare. Mille giorni, dopodomani, da quel maledetto 24 febbraio 2022. Quando l'esercito russo ha dato il via all'aggressione dell'Ucraina in spregio a ogni norma internazionale. Mille giorni di morte e distruzione, in cui l'illusione che quanto stava accadendo non ci riguardasse è andata sparendo giorno dopo giorno, immagine dopo immagine. In un crescendo di sgomento prima, indignazione e paura poi. La guerra, questa guerra, ci riguarda eccome, ben oltre i dibattiti sulle forniture di armi e gli aiuti economici. Perché un conflitto di questa scala e di questa durata, nel cuore dell'Europa, quasi tutti lo avevamo studiato solo sui libri di storia.
Assieme all'inquietudine di una guerra a pochi chilometri da noi, ci rimangono immagini di fronte alle quali non possiamo rimanere indifferenti. L'eco delle sirene e del fragore delle bombe e dei missili, lo sdegno per i civili inermi uccisi. Uomini, donne e bambini per cui la sola sopravvivenza è già un lusso. La strage di Bucha, gli attacchi contro gli ospedali, le città di cui rimangono solo le macerie. Le famiglie spezzate. Le migliaia di bambini deportati. I milioni di profughi che sono stati costretti a fuggire dalle proprie case e a cercare un rifugio in quell'Europa che per noi è scontata libertà e per loro è diventata speranza.
La scusa di una inesistente denazificazione e il pretesto della «Nato che minaccia i nostri confini» ormai non reggono più, se mai qualcuno ci avesse creduto. Per la Corte Penale Internazionale Vladimir Vladimirovich Putin è un criminale di guerra che ha perso ogni credibilità agli occhi del mondo libero ma, piaccia o no, con lui bisogna in qualche modo parlare. Che sia Trump o che sia l'Europa poco importa. È ora di finirla.
«Mille e non più mille», secondo la leggenda, era il motto che guidava l'uomo nel Medioevo per paura dell'ignoto dopo l'anno 1000. Mille e non più mille, per la guerra in Ucraina adesso è solo una speranza. Ora la paura non è ignota ma dannatamente concreta.
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