Lo «scontro», politico e militare, passa anche dalla religione. Da un lato Papa Francesco lancia l'anatema della «follia della guerra», condannandola e invocando «una tregua pasquale» per «deporre le armi»; dall'altro, il capo della chiesa ortodossa di Mosca e di tutte le Russie, il Patriarca Kirill, invoca unità «contro i nemici, interni ed esterni, di Mosca», benedicendo il conflitto armato.
Posizioni nettamente opposte che creano una frattura tra le due chiese. Il Papa, nella prima Domenica delle Palme in pubblico dopo lo stop di due anni dovuto al Covid, ricorda come «con la follia della guerra si torna a crocifiggere Cristo». «Quando si usa violenza ammonisce davanti a una folla di almeno 70mila fedeli - non si sa più nulla su Dio, che è Padre, e nemmeno sugli altri, che sono fratelli. Si dimentica perché si sta al mondo e si arriva a compiere crudeltà assurde. Lo vediamo oggi nella follia della guerra, dove si torna a crocifiggere Cristo», dice durante l'omelia della messa che ricorda la Passione del Signore. «Sì è il grido di dolore di Bergoglio - Cristo è ancora una volta inchiodato alla croce nelle madri che piangono la morte ingiusta dei mariti e dei figli. È crocifisso nei profughi che fuggono dalle bombe con i bambini in braccio. È crocifisso negli anziani lasciati soli a morire, nei giovani privati di futuro, nei soldati mandati a uccidere i loro fratelli. Cristo è crocifisso lì oggi». Il pontefice ricorda quindi l'importanza del perdono. «Cristo continuamente intercede presso il Padre per noi e, guardando il nostro mondo violento, il nostro mondo ferito, Gesù non si stanca di ripetere e noi lo facciamo adesso con il nostro cuore e in silenzio: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». All'Angelus Francesco lancia un nuovo, forte, appello per la pace. «Si ripongano le armi, si inizi una tregua pasquale. Ma non per ricaricare le armi e riprendere a combattere, no. Una tregua per arrivare alla pace, attraverso un vero negoziato, disposti anche a qualche sacrificio per il bene della gente. Infatti che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?». «Nulla è impossibile a Dio, anche far cessare una guerra di cui non si vede la fine prosegue Bergoglio - una guerra che ogni giorno ci pone davanti agli occhi stragi efferate e atroci crudeltà. Preghiamo per questo. Siamo nei giorni che precedono la Pasqua, ci stiamo preparando a celebrare la vittoria del Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte, non su qualcuno e contro qualcun altro, ma oggi c'è la guerra perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo perché così si perde soltanto».
Di tutt'altro respiro è il sermone del Patriarca di Mosca Kirill che torna a incitare alla guerra e invita i sostenitori a unirsi contro il nemico. Fin dall'inizio del conflitto il capo della chiesa ortodossa - da sempre vicino alle posizioni di Putin - non ha mai fatto mistero delle sue posizioni a sostegno dell'operazione militare in Ucraina. «In questo periodo difficile per la nostra patria, possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere», dice nell'omelia pronunciata nella Chiesa della Protezione della Beata Vergine di Mosca. «È così che emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore».
A proposito di un viaggio del Papa a Kiev, è intervenuto l'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yarush: «In termini militari i russi non faranno niente, ma hanno paura e faranno di tutto per rendere impossibile la visita di Francesco».
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