Sul tavolo della Commissione europea ci sono due proposte. Quella franco-tedesca che abbozza una versione relativamente generosa del recovery fund, 500 miliardi da investire nella ripartenza post pandemia. Poi un contro documento dei paesi cosiddetti «frugali», Austria e Olanda in testa, che prefigura una tagliola per chi volesse ricorrere al fondo per la ripresa da coronavirus.
Italia non pervenuta, a parte una telefonata del premier Giuseppe Conte alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen. E la ragione è che il Belpaese, in questa fase delle politiche europee più che un medico qualificato è il malato.
Ieri le agenzie di stampa hanno illustrato i dettagli del documento dei paesi che si oppongono a interventi troppo generosi a favore degli Stati del sud. In sintesi, prestiti e non aiuti a fondo perduto finanziati da contributi proporzionati al Pil, come quelli promessi dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Emanuel Macron.
È la linea dura, illustrata giorni fa dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz. Prestiti limitati nel tempo: due anni. Un programma una tantum. «Ciò su cui non possiamo concordare - precisa il documento - sono strumenti o misure che portino alla mutualizzazione del debito, né a significativi incrementi del bilancio Ue».
Non manca un appello ad un veloce ritorno alla disciplina dei bilanci nazionali, al termine dei due anni. Compito del fondo, fare in modo che «tutti gli Stati membri siano preparati per la prossima crisi. Un forte impegno per le riforme e per rispettare le regole di bilancio è essenziale per promuovere la crescita potenziale».
In realtà anche nel documento franco-tedesco c'è un richiamo simile. La vera differenza è sul finanziamento del fondo e, più in generale, sull'entità del prossimo bilancio europeo 2022/2027. I frugali vogliono limitare i trasferimenti dagli stati all'Ue e quindi anche al fondo.
Il no alla mutualizzazione del debito è la linea del Piave. Un tabù per tutti i paesi del Nord e anche per la Germania, anche se in molti hanno visto aperture importanti da parte di Berlino negli ultimi giorni.
Nero su bianco nel «non paper» dei frugali, anche l'intenzione di rendere stringenti i controlli sull'utilizzo dei prestiti, ad esempio con un «forte coinvolgimento» della Corte dei conti europea, dell'autorità antifrode dell'Ue e della Procura europea.
Passaggi pensati per assecondare gli umori dell'elettorato più intollerante dei paesi del Nord e dell'Austria. Ma anche il punto di partenza di una trattativa che non potrà che chiudersi con una sintesi. Al momento Olanda, Austria, Danimarca e Svezia restano fermi sulle posizioni dell'ultimo Consiglio europeo, terminato con un nulla di fatto. Francia e Germania chiedono un fondo condizionato, ma rilanciano su una maggiore integrazione dell'Area euro.
A giorni la proposta della Commissione, in linea con Parigi e Berlino, ma con un piano più consistente: 1.000 miliardi.
L'Italia, tagliata fuori dall'intesa Merkel-Macron, si appella proprio all'esecutivo europeo. Il documento dei frugali è «difensivo e inadatto», ha attaccato ieri il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola.
«A rischio ci sono mercato interno e i suoi benefici per tutti gli europei», mentre «serve più coraggio il 27 maggio dalla Commissione europea», quando la presidente von der Leyen presenterà la proposta sul Recovery fund. Sui contenuti della proposta della Commissione si misurerà il peso dell'Italia. E anche quello del commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni.
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