Il virus torna a correre: Lombardia, Lazio e Veneto hanno numeri "arancioni"

Covid forza 10. Ieri l'indice di contagio ha spaccato quasi il millesimo, collocandosi sulla doppia cifra perfetta:

Il virus torna a correre: Lombardia, Lazio e Veneto hanno numeri "arancioni"

Covid forza 10. Ieri l'indice di contagio ha spaccato quasi il millesimo, collocandosi sulla doppia cifra perfetta: la percentuale di tamponi attivi (17.992) rispetto ai tamponi effettuati (179.800) è risultata del 10,006 per cento. I morti continuano a essere alti (674) ma gli ospedali lentamente si svuotano: dei 627.798 attualmente positivi, 28.588 sono in ospedale (-694), 25.769 in reparti ordinari (-658) e 2.819 (-369) in terapia intensiva, dato questo che scende per il 23° giorno consecutivo. Il Veneto resta la regione con il maggior numero di contagi sia in termini assoluti (4.211) sia in rapporto ai tamponi effettuati (22,40 per cento). In Lombardia i contagi sono stati 2.744 su 33.846 test refertati, con una percentuale dell'8,11 per cento, ben sotto la media nazionale.

Dati interlocutori, che si leggono con più chiarezza se, come fa il report settimanale dell'Istituto superiore di sanità, si prende in considerazione un'intera settimana. O anche due, quelle dal 25 novembre all'8 dicembre, in cui «l'Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,86 (con un range tra 0,79 e 0,94)». Sedici regioni hanno Rt puntuale inferiore a 1 e quindici anche nel suo intervallo di credibilità maggiore, ciò che indica «una diminuzione significativa nella trasmissibilità». Anche se, quando si prende in considerazione la settimana dal 7 al 13 dicembre, l'indice di contagio Rt torna di nuovo sopra 1 in tre regioni importanti come Lazio (1.07), Lombardia (1.02) e Veneto (1.08), scenario compatibile con una zona arancione. «È il primo indicatore a muoversi, poi si muovono i contagi, poi ricoveri, i ricoveri in terapia intensiva e poi i decessi. E un movimento di Rt in ricrescita è un elemento di grave preoccupazione perché vuol dire che la trasmissione sta riprendendo quota», dice il presidente dell'Iss Silvio Brusafe, che parla anche di «trend in crescita in tutta Europa», che per quanto riguarda l'Italia sottolinea un'incidenza di Covid «di 166 ogni 100mila abitanti: in decrescita, ma ancora molto alta. Siamo lontani dalla soglia di sicurezza, oltre questa soglia resta impossibile tracciare tutti i casi».

Per Brusaferro saranno importantissime le imminenti festività: «Dobbiamo essere molto rigorosi, evitare spostamenti non necessari, assembramenti e quando ci si relaziona con persone care, ma fragili e anziane, dobbiamo essere molto attenti». Non solo: «Utilizziamo questo periodo per ridurre l'incidenza. Possiamo immaginare che alla ripresa, dopo le festività, possiamo trovarci in uno scenario che ci consenta non di rilassarci ma di affrontare tutte le attività e socialità in maniera più sicura. Certamente dobbiamo evitare che questo diventi un periodo dove la trasmissione aumenti e aumentino i nuovi casi».

Ieri ha parlato anche Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, che intervenendo al 15° Forum Risk Manager in Sanità ha fanto il punto sull'emergenza sanitaria, a partire dai vaccini, che partiranno piano. «Simbolicamente la campagna vaccini inizierà il 27 dicembre. È chiaro che all'inizio le dosi disponibili saranno poche. Dopo è previsto l'arrivo scaglionato di un numero sempre maggiore di dosi». Fondamentale avere bene in mente le categorie prioritarie: «In una prima fase della campagna si tenderà a sfruttare l'effetto diretto della vaccinazione, cioè la protezione delle persone ad alto rischio di malattia grave. Soprattutto l'obiettivo è rendere Covid free alcuni ambienti: gli ospedali innanzitutto, ma anche le Rsa. Si renderà necessario dunque vaccinare gli operatori sanitari e i residenti nelle strutture Rsa, che sono state particolarmente colpite nella prima fase epidemia». Seguiranno gli anziani e le fasce di popolazione più vulnerabili, mentre almeno inizialmente dovrebbero essere esclusi bambini e donne in gravidanza.

Poi Rezza ha parlato di scuola. «Aprire il 7 gennaio? Non so. Molto dipenderà dalle dinamiche epidemiche, dall'impatto dell'epidemia in quel periodo e anche dagli specifici territori, dove l'incidenza tende a essere molto bassa».

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