Inflazione, crollo del rublo e sanzioni americane. A Mosca si impenna "l'indice dell'insalata russa"

Economia in crisi. Aumentano i prezzi per il paniere dei prodotti del piatto tradizionale. Scontro tra industriali e governatrice Nabiullina

Inflazione, crollo del rublo e sanzioni americane. A Mosca si impenna "l'indice dell'insalata russa"
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Per gli economisti l'ultimo segnale che c'è qualcosa che non va è arrivato con l'andamento del rublo: in una settimana a perso oltre l'11% precipitando fino a quota 113 (con un lieve recupero ieri) contro il dollaro, quasi ai livelli dell'inizio invasione. Colpa, certo, dell'inasprirsi della situazione bellica con il via libera agli Atacms Usa sul territorio russo e con le dure rappresaglie del Cremlino. Ma anche frutto di una novità tecnica: le sanzioni americane contro Gazprombank, che si avviano a inaridire l'unico (o quanto meno il più importante) canale di comunicazione finanziaria rimasto tra Mosca e il resto del mondo. Alla banca era affidato il compito di raccogliere i pagamenti dei Paesi occidentali che ancora compravano il gas ex sovietico. Ora anche questa strada è stata chiusa, con il risultato che per l'economia russa sarà ancora più difficile approvvigionarsi di valuta pregiata.

Per l'uomo della strada da Pskov a Vladivostok, invece, l'allarme è scattato con l'impennata del cosiddetto «indice dell'insalata russa», il paniere, calcolato ufficialmente dal 2009, che sintetizza l'andamento dei prezzi dei prodotti necessari per preparare il piatto preferito di Capodanno (che in Russia si chiama insalata Olivier).

Secondo i resoconti pubblicati dalla stampa ed elaborati sui dati dell'istituto di statistica Rosstat, da gennaio a oggi l'indice è cresciuto almeno del 70%, sia per le versione con il pollo sia per quelle con la salsiccia. È il sintomo che i dati ufficiali sull'inflazione, intorno all'8%, non dicono la verità o almeno tutta la verità. Il carrello della spesa per il normale consumatore sembra correre molto di più (si parla del 30/40% in media) e di tanto in tanto si ha anche notizia della scarsità di alcuni beni, come le uova divenute una priorità per il governo all'inizio del 2024. E la corsa dei prezzi potrebbe, presto o tardi, intaccare la sostanziale acquiescenza del russo medio di fronte alla guerra.

L'inflazione è il dato che divide la governatrice della banca centrale Elvira Nabiulina e un folto manipolo di industriali e di pezzi grossi del regime come Serghey Chemzov, numero uno di Rostec. La Nabiullina ha alzato i tassi fino al 21% e ci si aspetta che entro la fine dell'anno possa portarli fino al 23%, nel nome della lotta alla stagflazione: secondo la banca centrale la spesa pubblica legata all'industria militare surriscalda l'economia, mentre la scarsezza di manodopera e beni strumentali impedisce che l'offerta possa correre allo stesso passo della domanda. Gli industriali non sono d'accordo e fanno sempre più fatica a finanziarsi. Il risultato è un braccio di ferro ancora in corso mentre inflazione e alti tassi di interesse hanno ridotto al minimo la richiesta di nuove abitazioni e depresso i risultati delle aziende con una ricaduta sulla crescita che l'anno prossimo non dovrebbe superare l'1/1,5%. Quanto a Putin non pare cambiare nemmeno di un millimetro il suo atteggiamento. L'agenzia Bloomberg ha pubblicato le linee guida dei bilanci statali per il 2025 e i due anni seguenti. Il peso delle spese militari salirebbe fino al 40% (rispetto al 33% attuale).

Un economista, Vladislav Inozemtsev, ha inventato un nuovo termine, «smertonomica», letteralmente «economia della morte»: l'insieme degli incentivi pubblici, tra salari dei soldati e risarcimenti per i morti, legati all'impegno bellico. Nel prossimo futuro saranno loro a tenere in piedi il sistema.

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