
L'Italia chiede alla Corte penale internazionale una proroga per l'invio delle informazioni sulla vicenda Almasri che il tribunale dell'Aia ha richiesto a Roma, e il cui termine sarebbe scaduto ieri.
La scelta di procrastinare la risposta all'Aja, spiegano al Giornale fonti del governo, è una mera questione tecnico-giuridica legata alla scansione temporale delle due indagini: non c'è nessun braccio di ferro tra Palazzo Chigi e la Corte, non esiste nessun tentativo di aprire un fronte di conflitto con l'organismo che ha sede nella città dei Paesi Bassi a proposito dell'arresto e del successivo rimpatrio, a gennaio scorso, del generale libico accusato di tortura
Era stato un esposto dell'ex senatore Idv Luigi Li Gotti a innescare l'inchiesta poi trasmessa al Tribunale dei ministri, che vede indagati per favoreggiamento e peculato la premier Giorgia Meloni, il Guardasigilli Carlo Nordio, il titolare del Viminale Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. La Cpi, in seguito al rimpatrio di Nijeem Osama Almasri, lo scorso febbraio, aveva puntato l'indice contro i vertici dell'esecutivo, aprendo una investigazione per la mancata cooperazione dell'Italia alla richiesta di arresto. Una condotta, scriveva lo scorso mese la Corte nella sua richiesta di constatazione di inadempienza, che avrebbe «ostacolato gravemente le indagini e i procedimenti della Corte, impedendo di garantire la giustizia per le vittime dei crimini presunti».
Sul punto, come è noto, l'Italia non concorda affatto. Nordio e Piantedosi nelle loro informative hanno sostenuto che l'esito della vicenda sarebbe frutto di una serie di errori e inciampi nella stessa procedura di arresto della Corte, e che la scelta del rimpatrio fosse legata anche a questioni di sicurezza, proprio trattandosi di un soggetto pericoloso, e anche il ministro degli Esteri Tajani non ha nascosto il suo disappunto per le critiche arrivate dall'Aja.
Ma nonostante le osservazioni di parte italiana, la Corte ha aperto l'investigazione. Invitando Palazzo Chigi a dare informazioni sul mancato adempimento alla richiesta di arresto e a fornire «osservazioni in merito alla sua (di Almasri, ndr) mancata perquisizione e al sequestro di materiali» in suo possesso. Sul punto l'Italia si è comunque offerta di collaborare con la Corte, presentando però le sue osservazioni per spiegare gli inciampi procedurali e non indossando gli abiti da nazione accusata. Di fatto, ieri l'esecutivo ha deciso di chiedere di posticipare tutto a dopo la definizione dell'indagine italiana. Il Tribunale dei ministri dovrebbe terminare il suo lavoro per aprile, ossia entro i 90 giorni di tempo salvo proroghe quando arriverà o la richiesta di archiviazione (che non sarebbe impugnabile) o l'invio del fascicolo al procuratore affinché chieda l'autorizzazione a procedere.
Ma anche la proroga è
occasione di polemiche politiche. Con il leader di Avs Angelo Bonelli che la definisce «atto gravissimo che conferma, ancora una volta, l'atteggiamento ostile dell'esecutivo verso la giustizia internazionale e i diritti umani».
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