Israele piange i caduti della Givati. Pedaya, Lavi e gli altri giovani eroi

Il figlio di un rabbino ucciso. Il 20enne e la ragazza che lo aspetta

Israele piange i caduti della Givati. Pedaya, Lavi e gli altri  giovani eroi
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«Forza bambino, ringraziamo il cielo, sei forte ce la farai». Invece lui tutto pesto, con un occhio gonfio, piange senza rumore, è ancora piccolo nel luglio 2016, si appoggia al fratello che arriva di corsa sulla strada su cui di traverso si vede la macchina del padre. Il piccolo si chiama Pedaya Mark, figlio del rabbino Miky, appena ucciso sulla strada vicino a Hebron. La madre giace gravemente ferita e anche la sorella Teillah appena più grande di lui, sanguina. Lui le ha parlato per tenerla in vita finché sono arrivati i soccorsi; sempre lui, ha trovato il telefono e chiamato l'ambulanza. Un bambino dolce e diretto, appena ieri un bel ragazzo di 22 anni, con i riccioli laterali e una continua propensione al sorriso, è stato ucciso a Gaza con altri 15 ragazzi, per la maggior parte del suo gruppo, i mitologici Givati. Era il secondo luogotenente del battaglione. Pedaya ha vissuto sempre nel vento di tempesta dello scontro con i terroristi. Suo zio Elhanan è stato ucciso correndo a battersi il 7 ottobre. Una famiglia di eroi d'Israele, caduto perché il suo mezzo corazzato, un Namer (tigre), avventuratosi fra gli edifici nelle vicinanze di Gaza city è stato colpito da un proiettile antitank.

I soldati uccisi ieri sono stati 16, un numero che testimonia la difficoltà dell'avanzare delle truppe israeliane nella trappola di Gaza, un meandro urbano costruito solo per fare la guerra, in cui ogni casa, ospedale, scuola, ospita le armi e gli uomini di Hamas, ogni cittadino al piano inferiore o superiore è uno scudo umano. I genitori dei ragazzi in guerra, in questo Paese postmoderno, in cui per legge si attraversa per la mano fino all'età di nove anni e i bambini sono principi, dal momento che i figli partono non vivono più, ogni macchina che arriva di fronte alla loro porta, ogni campanello che suona, la tensione raggiunge il diapason. E tuttavia prevale la sicurezza, più di sempre, che questa guerra è necessaria, che le belve non devono restare sulle porte del Paese perché possa vivere, che i cittadini sfollati devono tornare a casa. La concordia è forte, non c'è posto per il pacifismo. Nella battaglia sul campo, i terroristi, i missili, sono in agguato, i terroristi preparano lo scontro dal 2005. I Givati sono incredibili combattenti, fanteria di prima classe, che conosce il terreno di Gaza metro per metro. Pedaya nel 2022 aveva detto che da quando suo padre era stato ucciso aveva capito quanto fosse importante essere un combattente. E così è stato fino all'ultimo: sul blindato con altri sei. Si deve immaginare un territorio semicostruito, in ogni costruzione può nascondersi un lanciamissili, sotto ogni edificio può sboccare la rete che i terroristi stessi hanno descritto, un meandro di 500 chilometri, un groviglio di trappole, armi, esplosivi, celle per gli ostaggi. Due altri soldati sono stati uccisi raggiunti da un missile mentre perquisivano un edificio, altri col tank su una bomba anticarro. Ognuno dei 16 ha una storia di ragazzo, di sogni, musica, scienza, tecnologia. L'inizio della vita.

Sul primo, forse, a morire, Lavi Lipshitz, 20 anni, anche lui un Givati, bello come un attore, circola un video per una ragazza incontrata per caso: riassume l'incontro casuale rimasto nel cuore, alla fine si butta: «Are you free thursday night?». Sei libera giovedì sera? scrive. Tutta Israele sa che Lavi non ha potuto andare all'appuntamento.

Ma questa guerra segue l'inferno nazista del 7 ottobre, la gente d'Israele cerca di consolarsi: i soldati hanno verificato le abitazioni di una grande zona, hanno ripulito Jabalia da 500 terroristi, hanno identificato le posizioni militari da cui sparano, hanno compiuto «incontrando significativa resistenza» operazioni in cui gli scambi a fuoco hanno dato loro un netto vantaggio. Hanno catturato o eliminato molti responsabili del 7 ottobre. Di Sinwar, l'inventore del sabato nero, si dice che si aggiri come Hitler nel bunker, disegnando morte prima di tutto per il suo popolo.

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