Matteo Renzi si dà il segno più. "Siamo esattamente a metà strada - dice parlando alla Stampa estera - sono passati due anni e la legislatura terminerà nel febbraio 2018. Solo allora gli elettori giudicheranno il governo". Intanto, però, il premier si vanta di aver "riportato l'Italia con il segno più" e di combattere con "la stessa fame del primo giorno". Non c'è spazio nemmeno per un mea culpa. Il disegno che fa del Belpaese è tutto rose e fiori. "Fare il premier in Italia non è facile ma è un'esperienza affascinante - continua - il futuro è tornato di casa. Il passato c'è e lo conoscono tutti, la nostra sfida è mettere il futuro di residenza in Italia".
Due anni di promesse non mantenute. Due anni di bugie e slogan. Questo il riassunto del cammino di Renzi, almeno fino al 2016. A metà mandato la pagella del governo è tutta negativa. Anche se, a sentir parlare Renzi, sembrerebbe che tutto stia andando a gonfie vele e che, da quando lui siede a Palazzo Chigi, gli italiani navighino nell'oro. Non è così. Lo dimostra la realtà. Renzi, invece, si concentra sui sogni. Sia sul fronte interno sia sul fronte europeo. "Siamo a un bivio: o l'Europa cambia oppure rischia di vanificare la più grande operazione di costruzione politica mai fatta - tuona all'incontro con la stampa estera - l'Italia lavora per questo non per ottenere qualche briciola di compensazione ma per l'ideale europeo". Resta, però, ottimista. Crede, per esempio, che il Brexit sarà scongiurato. E crede pure che, alla fine, i rapporti con Vladimir Putin si scongeleranno presto. Impossibile dire se non vuole vedere i problemi o se proprio non li vede.
Anche sulla politica economica Renzi ostenta ottimismo. "Dal 2016 il rapporto tra debito e pil va giù e credo che anche se scende più piano di quanto prevede il fiscal compact, è un fatto positivo - è la sua analisi - l'importante è che scenda". Non importa, poi, se la disoccupazione è da record, se il debito pubblico azzoppa la ripresa e se la pubblica amministrazione continua a non saldare i debite con le imprese italiane. Il tutto condito con una pressione fiscale perennemente in salita. Come ricorda il presidente dei deputati azzurri Renato Brunetta, citando la Nota di aggiornamento del Def, le tasse sono cresciute di tre decimali (dal 43,4% al 43,7%) dal 2014 al 2015, anche nell'anno degli 80 euro.
A pagina 32 della Nota, infatti, la pressione fiscale a legislazione vigente, vale a dire stando alle norme che sono già legge e non ai sogni del premier, crescerà dal 43,7% del 2015 al 44,2% del 2016 e, ancora, dal 44,2% del 2016 al 44,3% del 2017. "Complessivamente, dal 2014, cioè da quando Renzi è a palazzo Chigi, al 2017 - fa notare Brunetta - la pressione fiscale nel nostro paese aumenta di quasi un punto di pil".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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