"A Kiev servono armi, non coraggio". La Nato e un fondo da 100 miliardi

Vertice dei ministri degli Esteri. Il piano Stoltenberg: "Serve un meccanismo di aiuto prevedibile". La proposta discussa, ma nessuna decisione definitiva. Tajani: "Idea da esaminare tecnicamente"

"A Kiev servono armi, non coraggio". La Nato e un fondo da 100 miliardi
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Un affare da 100 miliardi, distribuiti in cinque anni. Contenuti in un fondo a disposizione dell'Ucraina, proposto dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Un moloch finanziario che ha costituito ieri, al netto delle solite professioni di solidarietà nei confronti di Kiev, il vero nodo del vertice ministeriale degli Esteri a Bruxelles, che ha preceduto la celebrazione per i 75 anni dell'alleanza atlantica di oggi, che sarà a sua volta seguita da un nuovo vertice stavolta nel formato con l'Ucraina, alla presenza del ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba. E che tra l'altro è stato il primo appuntamento ufficiale della Nato a cui ha partecipato il trentaduesimo membro, la Svezia, ammessa l'11 marzo scorso.

I 100 miliardi, dunque. Che sono tanti, tantissimi. E non vanno quindi sbandierati con tanta disinvoltura, come fa notare la ministra belga Hadja Lahbib, secondo cui «è pericoloso fare promesse che non possiamo mantenere». Anche perché in fin dei conti «non si tratta di carità, si tratta di fare un investimento sulla nostra protezione». Stoltenberg non ha confermato, ma del resto nemmeno smentito, il fondo da 100 miliardi, ma ha detto che si è discusso del supporto finanziario a Kiev, anche se «non è stata presa alcuna decisione finale sulla struttura del sostegno all'Ucraina».

La strada sembra comunque quella di una maggiore rigidità nel meccanismo in cui si articola praticamente il sostegno a Kiev. Il numero uno della Nato si compiace infatti delle continue consegne di armi, munizioni ed equipaggiamenti a Kiev da parte degli stati membri, ma ritiene che «dobbiamo cambiare dinamica assicurando una assistenza prevedibile nel campo della sicurezza all'Ucraina, con meno contributi volontari e più impegni Nato, con meno offerte a breve termine e più a lungo termine». Va studiato un meccanismo per cui «la Nato possa assumere maggiori responsabilità per coordinare la consegna di equipaggiamento militare e l'erogazione di addestramento per l'Ucraina, ancorando tutto questo all'interno di un robusto quadro Nato» e ipotizzando «un impegno finanziario pluriennale per sostenere gli aiuti». Stoltenberg ha anche aperto la porta all'adesione dell'Ucraina alla Nato («è questione di quando, non di se»), ha ammesso che «per l'Ucraina è un momento critico: i suoi soldati non sono «a corto di coraggio, ma di munizioni. Gli alleati hanno concordato un ruolo più ampio della Nato nell'addestramento dei soldati ucraini» e ha invitato gli alleati a «prendere decisioni rapidamente sugli aiuti all'Ucraina, inclusi gli Stati Uniti d'America». Che sono rappresentati a Bruxelles dal segretario di Stato Antony Blinken, protagonista ieri di un contrattempo: il suo aereo ha avuto un guasto e lui ha dovuto raggiungere la capitale belga da Parigi in auto impiegandoci tre ore.

Tra i ministri presenti naturalmente c'era anche quello italianoi, il vicepremier Antonio Tajani, che sul fondo da 100 miliardi ha detto che «la proposta avanzata da Jens Stoltenberg è certamente interessante ma va esaminata, approfondita, vedere tecnicamente come si può fare. Oggi (ieri, ndr) c'è stata solo una valutazione politica. Quindi pieno sostegno per la proposta ma va poi esaminata tecnicamente e giuridicamente».

Tajani ha anche espresso la sua soddisfazione «perché la richiesta italiana di guardare al fronte Sud è stata accolta con grande entusiasmo e tutto il lavoro che è stato fatto gruppo di esperti della Nato che hanno preparato il documento è stata valutata molto positivamente».

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