La laurea del ministro: "Caso chiuso". Non c'è un'indagine sulla Calderone

L'esposto di un docente. "Ora devo querelare"

La laurea del ministro: "Caso chiuso". Non c'è un'indagine sulla Calderone
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«Non esistono ipotesi di reato, né indagati. Per me, dopo tale autorevole avallo, pienamente conforme a quanto ho sempre sostenuto, la storia finisce qui». È sicura, Marina Calderone, che la questione della sua laurea alla Link Campus University finirà su un binario morto, quantomeno dal punto di vista giudiziario.

«Ora ho il dovere di procedere per diffamazione per ogni malevola illazione contro la mia persona», rilancia la numero uno del dicastero del Lavoro, sul cui percorso universitario da settimane si stagliano le ombre gettate da alcuni articoli del Fatto.

Si dice anzi «serenissima» delle proprie ragioni. «Il mio percorso è assolutamente limpido e corretto - dice l'ex presidente dell'Ordine dei Consulenti - quindi non ho alcun tipo di preoccupazione. I due titoli di studio conseguiti non mi hanno comportato alcun vantaggio da un punto di vista professionale e nemmeno politicamente».

Per il momento i pm capitolini, sulla base dell'esposto di un docente di diritto pubblico dell'Università di Brescia, hanno aperto un fascicolo iscritto a «modello 45», cioè senza ipotesi di reato né indagati. La numero uno del Lavoro, tra i più importanti ministeri del governo Meloni, sostiene quindi che tutto il carteggio finito sulle scrivanie dei magistrati di piazzale Clodio, sia irrimediabilmente destinato a essere cestinato.

Precisa ulteriormente il suo avvocato, Cesare Placanica, che nessuna indagine è stata aperta sul percorso universitario e che il fatto è stato iscritto in un registro che per legge «riguarda, testualmente, atti non costituenti notizie di reato». Questo a riprova, secondo il legale, che il contenuto dei fatti descritti nell'esposto «è stato considerato privo di ogni rilevanza sotto il profilo penale, il che vuol dire che, neppure astrattamente, sono stati ritenute sussistenti ipotesi di reato. Chiunque può quindi capire che se non c'è il reato non c'è, e non può esserci, l'indagine».

Sono settimane che la presunta «laurea della domenica» tiene banco sulle cronache nazionali: a partire dall'inchiesta in cui sarebbe stato usato come prova un «statino» con voti (una media del 26, a fronte di un voto finale di laurea di 110 cum laude), ed esami, relativo a due corsi di laurea. La prima, nel 2012, una «Laurea triennale in Economia aziendale internazionale (L-18)» e nel 2016 una «Magistrale in gestione aziendale (LM-77) alla Link Campus». Nei pezzi, inseriti nell'esposto del docente, si fa riferimento ad argomenti di diversa natura: dal fatto che Calderone avrebbe sostenuto più di un esame al giorno, per di più di domenica, ai pagamenti di rette e tasse universitarie, risultanti pagate solo in parte, altre scadute o da saldare. Si paventa poi un (presunto) conflitto di interesse, attinente alla sfera privata di Calderone, visto che mentre lei frequenta l'università, il marito Rosario De Luca è nel cda dell'ateneo.

L'esposto alla Procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi, che non risulta assegnato per il momento a nessun pubblico ministero, è stato presentato dal professore Saverio Francesco Regasto, deciso a fare prevalere le ragioni dell'«etica pubblica». Guidato dallo scopo (nobile) che si vigili sul sistema universitario, chiede quindi che si faccia luce sul percorso di Calderone che, stando a quanto ricostruito negli articoli a corredo dell'esposto presenta tutta una serie di «elementi» attestanti irregolarità che metterebbero in «cattiva luce non tanto lei, quanto l'ateneo».

«Non ho accusato nessuno di nulla - spiega, interpellato da LaPresse - semplicemente non mi va che università pubbliche o private fabbrichino pergamene di laurea». E questo a prescindere che lo studente sia un futuro ministro, o meno.

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