Quella legge non scritta che non va calpestata

Si può scherzare sulla politica interna, non si può scherzare sulla politica estera. Tantomeno in tempo di guerra

Quella legge non scritta che non va calpestata

Si può scherzare sulla politica interna, non si può scherzare sulla politica estera. Tantomeno in tempo di guerra. Le differenziazioni, i distinguo, le decisioni sofferte e i bluff sono, nella giusta misura, parte naturale del gioco politico. Un gioco di guerra in tempo di pace. Un gioco che le leggi non scritte della Politica hanno sempre circoscritto al campo della politica interna, ritenendo fortemente inopportuno e tendenzialmente lesivo dell'interesse nazionale estenderlo al terreno della politica estera e di difesa. È una legge non scritta, questa, che fa leva sul senso dello Stato e sulla consapevolezza che la politica estera è la forma più alta della Politica e in quanto tale richiede attenzioni e risponde a logiche particolari. Una legge che vale in tempo di pace, e a maggior ragione in tempo di guerra.

Sulla scena internazionale ed europea l'Italia oggi ha più che mai bisogno del massimo della forza e deve perciò esibire il massimo della compattezza politica. Chi deroga o minaccia di derogare a questa legge non scritta si assume una grande responsabilità. La responsabilità di incrinare l'immagine dell'Italia agli occhi dei partner europei, degli alleati Nato, di Putin, della Cina e dei mercati finanziari. Se fosse solo tattica l'equivoco andrebbe chiarito, se è una strategia sarebbe opportuno conoscerla. È una questione essenziale di chiarezza politica, di sensibilità istituzionale e di interesse per il governo Draghi.

Il 31 marzo il Parlamento ha approvato il decreto che, tra le altre cose, prevede l'invio di armamenti all'Ucraina per sostenere «il suo diritto alla legittima difesa». Il decreto è valido fino al 31 dicembre. Un voto parlamentare sulla questione delle armi, dunque, non è dovuto. Non è dovuto, ma a mio parere sarebbe opportuno.

Giovedì prossimo, il presidente del Consiglio riferirà sulla crisi Ucraina alle Camere. È prevista un'informativa, strumento che non presuppone un voto finale. Cambiare strumento è possibile. Con un voto solenne cadrebbero le maschere, si assumerebbero le responsabilità, si renderebbe il dovuto onore a una certa idea di serietà politica.

E si metterebbero il governo e l'Italia nelle condizioni di riguadagnarsi la fiducia e l'efficacia necessarie per calcare a testa alta una scena internazionale attraversata da crisi drammatiche e avviata a cambiamenti profondi. Non è più il tempo delle ambiguità e delle furbizie: non è più il tempo di Arlecchino né di Pulcinella.

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