Abbiamo conosciuto l'avvocato Lorenzo Borrè all'epoca dei primi ricorsi grillini. Questa volta la questione è più delicata, se non altro perché riguarda la leadership di Giuseppe Conte e il futuro stesso del MoVimento 5 Stelle. Pure in questa circostanza, chi ricorre si è avvalso della professionalità di Borrè, che in questa intervista spiega le ragioni giuridiche alla base della mossa che sembra poter mettere in discussione il percorso dell'ex premier come nuovo vertice pentastellato. Tra i temi posti, pure la mancata iscrizione dell'ex presidente del Consiglio alla formazione pentastellata. Ma contando gli articoli finiti nel mirino dei ricorrenti si arriverebbe a sette.
Avvocato, di nuovo lei... . Ormai "un incubo" anche per i grillini della seconda generazione...
"Un incubo per alcuni, un garante affidabile per molti altri come può vedere. La mia pregressa militanza pentastellata, l'esperienza maturata sul campo e il palmarès dei contenziosi giudiziari degli ultimi cinque anni - dal caso Cassimatis alla reintegrazione ottenuta a giugno per Carla Cuccu, per non dimenticare l'esito positivo del ricorso contro l'espulsione di 23 attivisti partenopei - sono i motivi per i quali mi scelgono come difensore".
Cosa è successo nel caso del ricorso contro la vittoria di Giuseppe Conte?
"Arrivare primo in una competizione senza avversari non la giudicherei una vittoria e personalmente non lo considero neanche un virtuoso esercizio di democrazia: questa nomina è la pietra tombale sui principi che permeavano il Non Statuto di Gian Roberto Casaleggio. Il fatto che la modifica sia stata approvata in prima convocazione con il voto favorevole della minoranza degli iscritti mina la democraticità dell'operazione di riscrittura della grammatica politica del MoVimento".
La contestazione riguarda sia il nuovo Statuto sia l'elezione, giusto?
"Esatto: i vizi della prima motivazione minano la seconda, l'elezione di Conte, che appare sindacabile anche alla luce del nuovo statuto".
Senta, lei procede con questi ricorsi. Ma nel MoVimento 5 Stelle sembra ormai che le regole siano saltate tutte. Che senso ha?
"Le rispondo parafrasando l'aforisma nietzschiano n. 459 di Umano troppo umano: dove il diritto non si rifà a una tradizione, esso può essere solo imposto, solo costrizione; ma i miei assistiti non vogliono accontentarsi di diritti arbitrari, che sono espressione della necessità che esista un ordinamento interno. E allora il ricorso giudiziario diventa l'antibiotico necessario per la patologia politica".
Ha visto cosa è emerso sugli stati generali del 2020, con Di Battista "truffato"?
"Sarebbe stato interessante vedere quali sarebbero stati i risultati di una competizione tra Conte e Di Battista. Quel che è certo è che la mancata pubblicazione delle preferenze ottenute dai candidati in quella competizione non rientra tra i canoni di trasaparenza propri di una comunità democratica".
Senta. Conte ormai è il leader. Crediamo ci sia poco da fare. Ma è il leader di cosa, secondo il suo punto di vista?
"Il leader di una minoranza. Uno dei miei maestri, Pietro Barcellona, di cui proprio oggi ricorre l'anniversario della scomparsa, diceva che il grande politico è colui che ha la capacità di allargare l’orizzonte della comunità tenendola unita, che è cosa ben diversa dall'allargare le alleanze politiche".
Crede di avere qualche opportunità di mettere in discussione l'elezione di Conte?
"I presupposti di diritto ci sono tutti, a mio avviso".
Ma perché lo fa?
"A volte sei tu a scegliere le battaglie, a volte sono le battaglie a scegliere te".
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