Due pugili che si studiano sul ring. Di cui uno ha iniziato a tenersi lontano dal centro del quadrato, passando per il momento sulla difensiva. Per riprendere fiato e riorganizzarsi. Perché l'incontro non è andato affatto come si aspettava. Questa è l'immagine che può rendere conto di quello che satelliti e rapporti sul campo fanno intravedere del conflitto in Ucraina. Le trattative seguono la loro difficile strada ma la guerra, nel frattempo, segue la sua e non è detto che gli arretramenti dei russi, la loro diversa attitudine offensiva, sia tutta riducibile a fiducia nel negoziato. Anzi. Ci sono fattori materiali, scelte logistiche che potrebbero, essere tutte dettate dalla strategia. Si potrebbe persino pensare che, in certi momenti, la diplomazia sia stata il modo per prendere tempo sul terreno.
Allo stato attuale certezze non le ha nessuno, arriveranno entro le prossime settimane. Ieri però il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, parlando a Bruxelles ha gelato ogni ottimismo: «Le unità russe non si stanno ritirando ma si stanno riposizionando. La Russia sta cercando di riorganizzarsi, rifornirsi e rafforzare la sua offensiva nella regione del Donbass. Allo stesso tempo, la Russia mantiene la pressione su Kiev e altre città». Insomma pochissima fiducia rispetto ai negoziati almeno sino a che si fermano ai tavoli: «La Russia deve ritirare tutte le sue truppe e impegnarsi nei colloqui».
Al momento però l'impegno russo sembra andare in altre direzioni. Vladimir Putin, ha firmato un decreto per la coscrizione nel periodo primaverile, dal 1 aprile al 15 luglio di quest'anno, dei russi di età compresa tra 18 e 27 anni. Si tratta in totale di 134.500 unità, che non dovrebbero andare a combattere in Ucraina perché il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, aveva assicurato che le nuove reclute non saranno inviate nelle zone di conflitto. La Russia ha sempre mantenuto la leva e, quindi, non è stupefacente che vengano richiamati dei coscritti, accade sempre due volte l'anno. E i numeri in questo caso non appaiono diversi dal solito, semmai il governo pare essere deciso ad usare il pugno duro verso eventuali renitenti. Evidente comunque la volontà di garantire il cambio a reparti logorati e consentire avvicendamenti.
Tutto questo sembra rientrare in una tattica in cui il nodo centrale, persa l'opportunità di piegare velocemente l'Ucraina, sembra essere diventato l'occupazione stabile del Donbass. Tutti i movimenti di truppe che vengono registrati, anche prendendo in considerazione la Bielorussia, retrovia fondamentale per Mosca, sembrano essere indirizzati verso il pieno controllo del territorio di Donetsk e Lugansk. Informazioni dello stesso tenore arrivano anche da fonte ucraina. L'intelligence di Kiev registra il ritiro parziale dei gruppi tattici russi dai dintorni della capitale: «Quasi 700 veicoli militari sono partiti verso Ivankov e verso il confine bielorusso durante la notte». Resta chiaro agli ucraini che si tratta più di un cambio del tipo di minaccia che di una fine dell'assedio. Secondo il vice capo di stato maggiore dell'esercito ucraino: «Mosca intende concentranrsi sugli attacchi dalla lunga distanza e limitare gli scontri diretti». Del resto è in questo tipo di scontro che molto dell'armamento occidentale fa la differenza a favore delle truppe di Kiev.
Verrebbero sgomberate anche le zone attorno a Chernobyl: 100 veicoli militari russi, tra cui un lanciatore mobile Grad, sono entrati in Bielorussia dopo aver lasciato l'area della centrale nucleare. Area in cui le truppe di Mosca hanno attraversato ripetutamente il territorio della foresta rossa considerata non sicura dopo l'incidente del 1986 (lo sarà per 24mila anni). Si parla di soldati russi portati al Centro bielorusso di ricerca e pratica per la medicina delle radiazioni. Sarebbe un altro caso di impiego delle forze di Mosca senza preoccuparsi delle conseguenze, nemmeno per il proprio personale.
Eppure il morale fra le truppe russe non è dei migliori. Gli errori russi sul campo di battaglia stanno provocando una crescente insubordinazione fra le truppe. Lo denuncia il capo dell'intelligence britannica, Jeremy Fleming, secondo cui vi sono segnali che i soldati di Mosca «a corto di armi e morale» stanno «rifiutando di eseguire gli ordini, sabotando il proprio equipaggiamento e persino abbattendo accidentalmente i loro aerei».
Ma la guerra va avanti. Chernihiv e Kharkiv sono ancora sotto bombardamenti mentre a est Denis Pushilin, capo della repubblica popolare di Donetsk riconosciuta da Mosca, ha ordinato la creazione di «un'amministrazione locale». Primi passi di annessione, e provocazione, mentre agli ucraini continuano ad arrivare armamenti occidentali sempre più efficaci. Più di 35 Paesi alleati si sono impegnati a inviare veicoli corazzati e munizioni di artiglieria.
Lo ha confermato ieri il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, al termine di un vertice virtuale di ministri. Ma se gli ucraini dovessero sbilanciarsi in azioni troppo aggressive verso i russi, potrebbero anche esporsi a contrattacchi. Sin qui a combattere in difesa, che avvantaggia, sono stati sempre loro.
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