Inaffidabile, poco credibile, ambigua, spesso anche minacciosa. Eppure la Cina è al momento l'unico Paese su cui perlomeno provare a puntare per cercare di intraprendere un percorso di pace, o quanto meno di dialogo, in Ucraina. Forse senza aspettative risolutive, però è per questo che la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il presidente francese Emmanuel Macron sono sbarcati a Pechino per incontrare il leader del Dragone Xi Jinping, fungendo da ambasciatori dell'Europa per un trilaterale che potrebbe essere importante per riscrivere la storia del conflitto.
Toni distensivi, qualche affondo e impegni pubblici che potrebbero portare risultati a breve. «L'ho incoraggiato a contattare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. So che Zelensky lo ha chiesto pubblicamente. È stato interessante sentire che il presidente Xi ha reiterato la sua volontà di parlargli, al momento opportuno e quando ci saranno le giuste condizioni. Penso che questo sia un elemento positivo», ha detto von der Leyen al termine del summit aprendo, di fatto, uno spiraglio che fino a ieri non esisteva e sintetizzando l'esito della missione. Non a caso poco prima anche Macron non aveva usato mezze misure nel dire che conta su Xi Jinping per riportare la Russia alla ragionevolezza. «So che potrò contare su di lei per riportare la Russia alla ragionevolezza e tutti al tavolo dei negoziati», ha detto il presidente francese. Parole, d'accordo, ma che hanno un peso non relativo. Messaggi. Come quello che von der Leyen lancia al leader cinese. «Le spedizioni di armi dalla Cina alla Russia nuocerebbero significativamente ai rapporti tra Bruxelles e Pechino. Assistere un aggressore sarebbe contrario al diritto internazionale», ha detto, aggiungendo davanti a Xi che «vogliamo che sia ripristinata una pace giusta e per questo occorre che la Russia metta fine all'invasione ritiri le sue truppe».
Parole, come quelle inaspettatamente univoche tra Macron e Xi che spingono per «una ripresa delle discussioni al più presto per costruire una pace duratura», dice Macron, e che nettamente affermano che «e armi nucleari non possono essere usate», ha ribadito Xi. Importante presa di posizione con la Cina che fa sapere di essere disposta a collaborare con la Francia per invitare la comunità internazionale a una soluzione politica della guerra in Ucraina. «Bisogna tenere conto delle legittime preoccupazioni di tutte le parti, cercare una soluzione politica e costruire un quadro di sicurezza europeo equilibrato, efficace e sostenibile», ha detto il leader cinese, per poi sottolineare l'importanza di cooperare contro le ricadute del conflitto nel settore alimentare, energetico, finanziario e dei trasporti, perchè nessuno, tanto meno la Cina, fa niente per niente.
Ma le parole pronunciate a Pechino sono bastate per far vacillare, ulteriormente, una Russia ancora più all'angolo e isolata dal resto del mondo. «Naturalmente la Cina ha un grande ed efficace potenziale quando si tratta dei suoi servizi di mediazione. Ma la situazione con l'Ucraina è complessa, non c'è prospettiva di una soluzione politica», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, aggiungendo che «per il momento, non abbiamo altra soluzione che continuare l'operazione militare speciale», ha aggiunto, dove quel «per il momento» può fare tutta la differenza del mondo. Chiaro che se davvero la Cina dicesse «basta», Mosca non potrebbe non tenerne conto. Ma cosa potrebbe volere in cambio Pechino? Non serve andare troppo lontano. Nelle mire del Dragone c'è ancora e sempre il controllo si Taiwan. Se Ursula von der Leyen ha ammonito Xi dicendo «la minaccia di usare la forza nell'isola è inaccettabile», la tensione resta altissima.
Dopo l'incontro a Los Angeles tra la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera Usa Kevin McCarthy, che già aveva fatto infuriare Pechino, ieri una delegazione americana guidata da Michael McCaul, capo della Commissione Affari Esteri, è arrivata a Taipei per un vertice con al primo punto dell'agenda la situazione e l'indipendenza sull'isola. Perché se è vero che la pace in Ucraina passa da Pechino, sembra inevitabile che, in qualche modo, passi anche da Taipei. Conigli nel cilindro europei ce ne sono pochi. La via della Seta resta fragile.
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