La lezione di Starmer. Londra rinvia i divieti per i motori termici

Spostato oltre il 2030 l'obbligo di vendere soltanto auto elettriche

La lezione di Starmer. Londra rinvia i divieti per i motori termici
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Mentre a Bruxelles al caos creato dalla volontà di azzerare le auto endotermiche dal 2035, a favore del «tutto elettrico», si è aggiunta la pesante tegola dei dazi americani al 25%, nel Regno Unito ormai «extra Ue», anche se per modo di dire, il governo ha annunciato l'adozione di una maggiore flessibilità in merito al divieto di vendita, già entro il 2030, di vetture con motori a benzina e diesel. A spiegare il piano di deroghe realizzato per evitare ulteriori problemi a quelli esistenti è il ministro dei Trasporti, Heidi Alexander.

Intervistato dall'emittente Sky News, oltre a definire i dazi voluti da Donald Trump, «una cattiva notizia per l'economia globale», il ministro ha spiegato che per correre ai ripari «oggi stiamo mettendo in atto un pacchetto di misure a sostegno dell'industria automobilistica». In quale modo? «Autorizzando i produttori a commercializzare auto ibride oltre il 2030 ed esentando i piccoli produttori, come McLaren e Aston Martin, dagli obiettivi fissati».

Il Regno Unito, dunque, fa da apripista e ora si attende la reazione della Commissione Ue pressata, in questi giorni, soprattutto dal governo italiano, dai suoi rappresentanti all'Europarlamento e dalle associazioni automotive affinché il Green Deal sia subito rivisto nella direzione di annullare l'imposizione del «tutto elettrico» dal 2035. Se ne sta parlando, alla luce dei «Piano d'azione» presentato dalla presidente Ursula von der Leyen, ma a mancare, ancora, è la chiarezza.

Quelle del Green Deal, secondo il premier Giorgia Meloni, «sono regole ideologiche e non condivisibili». E Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy: «Già sei mesi fa abbiamo ingaggiato una battaglia in Europa perché fossero rimosse le folli regole del Green Deal che avevano già portato al collasso dell'industria dell'auto europea. E lo ribadiamo oggi con ancora più forza»

«In gioco - ribadisce Massimo Artusi, presidente di Federauto (concessionari italiani) - c'è la competitività dell'industria automobilistica europea».

Il pacchetto di nuove misure del governo britannico ha portato all'immediata levata di scudi del mondo ambientalista e delle sue lobby. Primi a protestare quelli di Greenpeace: «Le intenzioni palesate dal governo indeboliscono gli incentivi per la transizione verso l'energia pulita».

Ribattono le case automobilistiche che operano nel Regno Unito: «Il governo ha ascoltato l'industria e ha giustamente riconosciuto la forte pressione a cui sono sottoposti gli operatori del settore», le parole di Mike Hawes, direttore generale dell'associazione industriale Smmt (riunisce costruttori e reti commerciali). «Tuttavia - aggiunge - di fronte alle difficoltà potenzialmente gravi a seguito dell'introduzione dei dazi statunitensi, saranno certamente necessarie misure più significative per preservare la competitività della nostra industria».

Maggiore flessibilità e deroghe non vogliono però dire passo indietro definitivo.

L'interesse di Londra, infatti, resta sempre rivolto alla svolta elettrica attraverso ulteriori forti stimoli che si aggiungono ai 2,3 miliardi di sterline messi a disposizione anche per rafforzare il sistema delle infrastrutture di ricarica. Rivedere le scelte alla luce della realtà dei fatti rappresenta, comunque, un passo avanti significativo.

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