Che partita sta giocando Benjamin Netanyahu? In una conferenza stampa con i media stranieri, mentre le proteste imperversano nel Paese per il quarto giorno, arrivando fino alla soglia delle abitazioni dei ministri, il primo ministro ieri si è scusato nuovamente con le famiglie dei sei ostaggi uccisi da Hamas la settimana scorsa a Gaza: «È un orrore», ha detto, spiegando che i terroristi «sono selvaggi, che l'Iran ha impiantato vicino al nostro confine e noi siamo impegnati a sconfiggerli, a estirpare questo male». Poi il capo del governo israeliano ha ribadito in inglese quel che aveva già dichiarato il giorno prima in ebraico: «Se si vogliono liberare gli ostaggi, bisogna controllare il corridoio Filadelfia», i 14 km che corrono lungo il confine fra Egitto e Gaza e che includono Rafah. Ed ecco che torna la domanda: che partita sta giocando Netanyahu? Secondo il quotidiano Haaretz, che cita fonti interne alla coalizione di governo, il premier starebbe utilizzando la questione del Corridoio Filadelfia per affossare i negoziati per il cessate il fuoco. «Bibi» ha spiegato senza mezze misure di non volersi ritirare per nessuna ragione da quella linea dalla quale passa il contrabbando di armi destinate ad Hamas, temendo tra l'altro che da lì gli ostaggi possano essere portati in Iran o nello Yemen. Ma la posizione del primo ministro - secondo la fonte - sarebbe solo un pretesto per evitare di raggiungere l'accordo per il rilascio degli ostaggi, che gli alleati di estrema destra del suo governo vogliono impedire a ogni costo. Il ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, è stato inequivocabile: «Sto lavorando per mettere fine ai negoziati con Hamas». Ci riuscirà?
Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Matthew Miller, dà un'altra versione dei fatti, smentendo di fatto Netanyahu: «Ripeteremo ciò che abbiamo già detto. Israele ha accettato di ritirarsi dalle aree densamente popolate della Striscia di Gaza, incluso il corridoio Filadelfia». D'altra parte, anche secondo indiscrezioni emerse da chi è informato delle trattative, sul corridoio della discordia Israele pare abbia mostrato un'apertura nei giorni scorsi. Non a caso il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer ha lasciato uno spiraglio a un eventuale ritiro di Israele dalla linea di confine in una eventuale seconda fase di accordo di cessate il fuoco. «Se si arrivasse a quel punto - ha detto il ministro - si potrebbero discutere accordi di sicurezza a lungo termine sul corridoio». Gli stessi delegati israeliani hanno assicurato al Qatar che l'ipotesi è percorribile. Lo hanno fatto prima che Netanyahu dicesse in maniera categorica che lascerà l'esercito lungo la linea Gaza-Egitto a tempo indeterminato, ma anche secondo alcuni media israeliani, l'ipotesi di un ritiro nella seconda fase è possibile «nonostante le parole di Netanyahu». Secondo fonti del Wall Street Journal, la bozza di accordo su cui si sta trattando soddisfa «la maggior parte» delle richieste di Hamas dopo le «molte concessioni» di Israele e sarebbe il gruppo terroristico a mettere il freno all'intesa. Un concetto ribadito da Netanyahu, che accusa Hamas di aver fatto deragliare i colloqui uccidendo i sei ostaggi per ottenere di più in cambio: «Non è solo immorale, è folle», tuona il premier.
L'esercito israeliano ha avvertito il
governo che «inasprire le operazioni a Gaza minaccia la vita degli ostaggi». I parenti dei rapiti lo ripetono da mesi e ne hanno avuto prova la scorsa settimana, quando all'arrivo dei soldati Hamas ha giustiziato sei rapiti.
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