Il sostegno ad Hamas è «accettabile». Non c'è altra spiegazione. Chi avesse visto la tv in questi giorni non può che arrivare a questa conclusione: nei salotti televisivi la «quota Hamas» è prevista, accettabile e accettata, invitata e ricercata.
A «Piazza pulita», per esempio. Dev'essere senz'altro considerato «accettabile» definire «resistenza» gli attacchi di sabato, dichiararli «legittimi» e quindi giustificarli. Questa infatti è la narrazione di Davide Piccardo, ex coordinatore dei centri islamici milanesi, ed è considerata accettabile nel programma di Corrado Formigli (foto). Dev'essere considerata interessante, nella Piazza tv, la figura del leader musulmano italiano che alcuni anni or sono fece parlare di sé per il commento compiaciuto («è finita la pacchia») con cui aveva accompagnato la notizia dell'assalto a una sinagoga parigina. Nacquero enormi polemiche, l'allora presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici lo accusò, Piccardo smentì di nutrire sentimenti antisemite, rivendicando le sue convinzioni antisioniste, e annunciò querele, poi quello diventò il suo motto, tanto da indossarlo in una maglietta (si veda l'archivio dell'Osservatorio antisemitismo).
Ma evidentemente la sua opinione preme a Formigli, lo stesso che due anni fa bollava come «comportamenti inaccettabili» quelli emersi nelle inchieste sue e di Fanpage con cui alla vigilia di un turno importante di Comunali voleva inchiodare Giorgia Meloni e tutto il suo partito a una serie di episodi imbarazzanti venuti fuori a Milano, per via di alcune relazioni degli esponenti locali di FdI con un certo sottobosco estremista o fascista, più macchiettistico che altro.
Dev'essere «il contesto» ciò che conta. Ieri il conduttore di La 7 ha evocato il «contesto» per spiegare l'orientamento della opinione pubblica che nel caso del conflitto Hamas-Israele risulta più incerto, meno netto che all'epoca della minaccia Isis. E il «contesto» è stato evocato anche da Piccardo. «È molto importante» - ha detto - non ci sono azioni terroristiche o questioni religiose, ma politiche e territoriali. D'altra parte, fin dal sabato nero dei massacri in Israele aveva illustrato la sua posizione sui social. Il giorno stesso ha iniziato a delinearla: «Da stamattina la frase: c'è un aggressore e un aggredito, non è più di moda» aveva ironizzato riferito all'Ucraina, quindi con sempre meno remore aveva definito foreign fighters i riservisti italo-israeliani, e garantito che le «azioni militari dei palestinesi contro le forze di occupazione israeliane godono di piena legittimità secondo il diritto internazionale». Quindi è stato chiamato a ribadirla, questa posizione, davanti alle telecamere: «Questa sera inshallah sarò a Piazza Pulita su La 7 - ha annunciato giovedì - per parlare della guerra in Palestina». E una volta in tv ha spiegato che c'è uno «stato di occupazione e varie forze di resistenza a uno stato di occupazione», quindi ha catalogato Hamas come movimento di «liberazione nazionale» che a volte ha usato il «metodo terroristico» e altre volte la «lotta armata», ma - ha assicurato - «resta un partito con un braccio armato».
Tutte cose «accettabili» e anche necessarie evidentemente, per una sorta di «par condicio» fra Israele e i suoi nemici. E chissà se per Formigli è «accettabile» anche quanto Piccardo ha detto e scritto negli anni passati, quando era diventato il regista dell'islam milanese.
Nel suo «prestigioso» curriculum del suo mandato da coordinatore delle moschee, infatti, c'è fra l'altro l'interruzione dei rapporti con la comunità ebraica, che nel 2013 chiese, senza ottennerla, la sua presa di distanze dall'imam Sheykh Al Bustanji, che aveva partecipato Ramadan all'Arena invitato dalle moschee cittadine. Quella rottura maturò quando si scoprì che quel predicatore d'odio in precedenza aveva esaltato il «martirio» religioso dei bambini palestinesi.Almeno non aveva fatto il saluto romano.
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