Per il vaccino Sputnik, in distribuzione da settembre sul suolo russo, sembra che sia stata intrapresa una pericolosa scorciatoia che taglia le fasi delle sperimentazioni necessarie a verificare l'efficacia e la sicurezza del siero anti Covid. Il New York Times scrive: «L'annuncio di Putin è una pretesa di vittoria nella corsa globale per un vaccino, ma fa temere che il paese si affretti per scopi politici senza che siano stati completati gli studi clinici. L'Oms mantiene un elenco completo delle sperimentazioni sui vaccini in tutto il mondo. Nell'ultima versione dell'elenco, non esiste una prova russa di fase III».
E proprio sulla mancanza di trasparenza piovono le critiche degli esperti. La comunità scientifica internazionale è perplessa sulla volontà di Mosca di voler registrare il vaccino prima della fine della sperimentazione di cui mancano pubblicazioni scientifiche. E senza dati scritti, gli esperti non possono confermarne né la sicurezza né l'efficacia del nuovo farmaco. Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, sostiene che, senza i dati, quello di Putin è solo un annuncio giornalistico. «Sarebbe bellissimo se fosse vero, ma devo esprimere delle riserve fino a quando non avremo evidenze».
Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all'Università Statale di Milano e direttore dell'Istituto nazionale di genetica molecolare «Romeo ed Enrica Invernizzi» sostiene che hanno vinto la gara senza seguire le regole scientifiche; «Non è possibile sapere se la vaccinazione funziona e se ci sono effetti collaterali dal momento che la fase 3 è iniziata una settimana fa e in genere richiede un anno e mezzo di tempo». Anche accorciando i tempi spiega l'esperto - occorrono almeno 4-6 mesi per dimostrare sicurezza ed efficacia su una platea di migliaia di volontari e senza i dati di efficacia non si può procedere a una registrazione e a una vaccinazione di massa». Anche il virologo Fabrizio Pregliasco, ammette che la scelta russa «è al limite dell'accettabile da un punto di vista etico». Il motivo è lo stratagemma utilizzato per testare il vaccino. Si chiama metodo human challenge trial e si vaccinano le persone a cui si inietta poi il virus. E si vede l'effetto che fa. «In Italia non si potrebbe procedere in questo modo spiega Pregliasco devono essere superate diverse fasi per perfezionare i risultati, l'ultima, la tre, è fondamentale per verificare gli effetti avversi e l'efficacia su larga scala». Tutti elementi che sembrano non preoccupare i russi. «La procedura utilizzata dalla Russia è discutibile aggiunge Pregliasco - può nascondere rischi medici: la tecnologia ha accorciato i tempi ma gli eventi avversi sono inimmaginabili e non c'è certezza dell'azione protettiva. Si possono velocizzare gli studi rispetto alle tempistiche normali, ma la Russia ne fa una questione propagandista». E alla fine, secondo il virologo, ci sarà solo «un uso del vaccino compassionevole su larga scala».
Dunque, questo antidoto non offre la sicurezza necessaria per un'adozione su larga scala a livello mondiale. E i dubbi sono stati sollevati anche dalle autorità interne. L'Associazione delle organizzazioni di ricerca clinica, che riunisce le aziende farmacologiche russe e le strutture di ricerca e aveva chiesto al ministero della Salute russo di rinviare la registrazione di questo vaccino, per la mancanza di test adeguati.
E anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha invitato alla cautela: «Qualsiasi vaccino, o farmaco, dovrebbe, ovviamente, passare attraverso tutti i test e i trial clinici prima di essere approvato per la commercializzazione. A volte, ricercatori sostengono di aver scoperto qualcosa, che è un'ottima notizia. Ma tra avere idea di aver messo a punto un vaccino che forse funziona e aver completato il percorso, c'è una grande differenza».
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