I successi imprenditoriali, la politica, il calcio, e la cultura liberale con cui ha attraversato e segnato la Seconda Repubblica. Silvio Berlusconi ha scolpito tutto in un trentennio in frasi e dichiarazioni che gli sopravvivono. L'eredità di un pezzo di storia italiana. A partire dal celebre videomessaggio trasmesso dai telegiornali nel 1994, con cui annunciava la sua discesa in campo per «il Paese che amo»: «Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà. Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare».
Dieci anni dopo, con un altro carico sulle spalle, umano e politico, spiegava così la sua nuova discesa in campo, con la stessa passione: «Rifarei tutto quello che ho fatto, nonostante le sofferenze sono convinto che non ci sia nulla di più bello che battersi per il proprio Paese e per la libertà. E sono fiero di farlo con voi». E per gli stessi motivi, la sofferta rinuncia nel 2012: «Per amore dell'Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d'amore che mi spinsero a muovermi allora». Lo segna negli anni il dolore per le decine di processi e per quello che ha sempre denunciato come accanimento giudiziario da parte di certa magistratura. Così constatava nel 2006: «Non ho mai fatto affari con la politica, anzi ci ho perso e basta». Con le continue azioni giudiziarie nei suoi confronti che nel 2011 lo facevano gridare alla persecuzione: «Assistiamo a questa vergogna, ormai siamo una Repubblica giudiziaria, commissariata dalle procure». La rabbia nel 2013, dopo la condanna in primo grado nel processo Ruby: «È stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese. Non è soltanto una pagina di malagiustizia, è un'offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il Paese». C'era poi quell'adesione viscerale ai principi della cultura liberale, un faro per il Berlusconi imprenditore e per il politico: «La libertà è come una corda tesa, che non si rompe all'improvviso, ma che poco a poco si allenta, si sfilaccia, diventa libertà condizionata, libertà ferita, libertà minore, libertà che non c'è più». E la sensibilità, il suo tratto più umano e amato dagli italiani. L'ottimismo, la capacità di entrare in empatia con i suoi interlocutori con l'ormai celebre monito: «Dovete sempre avere il sole in tasca e tirarlo fuori al momento giusto, per donarlo, con un sorriso, a tutte le persone con cui venite in contatto e prima di tutto ai vostri cari, alla vostra famiglia, a chi collabora con voi».
Infine, l'amore per il calcio, prima da presidente più vincente della storia del Milan, e poi nell'avventura del Monza verso la serie A: «L'innamoramento per una squadra che senti tua e lo è, non può essere che totale E con i ragazzi e l'allenatore faccio quello che ho sempre fatto al Milan - spiegava nel 2020 -.
Li sento, li consiglio, li stimolo, li complimento per il loro comportamento in campo, mi spingo a fare delle osservazioni se c'è nel loro comportamento qualcosa che non va. Insomma non ho perso le mie buone abitudini di sempre». Quanto a lui, dopo aver vinto le elezioni regionali in Molise nel 2018, la metteva così: «Io? Ho sempre lavorato e non ho avuto tempo di invecchiare».
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