Un po’ è tattica politica, un po’ un modo per tenere insieme un partito in subbuglio. In parte serve per sperare che la mossa a tenaglia della Lega non vada completamente a segno. Zingaretti sta giocando la sua partita in vista del governo Draghi calcando ancora la mano sull’ossessione dei sovranisti. Una mossa utile a serrare le fila dell’alleanza con Leu e M5s, ma che nasconde il rischio, ed è questo il paradosso, di scavarsi la fossa da solo.
Appena uscito dall’incontro col premier incaricato, Zinga ha inviato un mezzo messaggio distensivo nei confronti di Matteo Salvini. Dal “mai col Carroccio” di qualche giorno fa, il Pd è passato al ritornello “non abbiamo messo veti a prescindere” ma “rimaniamo due forze alternative”. Eppure, mentre in diretta Zingaretti allungava la mano destra, con la sinistra il partito faceva trapelare in agenzia il contenuto del documento consegnato poco prima a Draghi. La sintesi è: per affrontare l’emergenza sanitaria e il rilancio economico “bisogna contrastare ogni disegno sovranista e ogni tendenza negazionista”. Fortuna che non avevano “messo veti a prescindere”.
Il coltello dalla parte del manico
C’è da capire se sulle “tendenze negazioniste” il Pd intende gli aperitivi milanesi del suo segretario o cos’altro. Ma soprattutto non si comprende per quale motivo il “sovranismo” debba essere necessariamente il male assoluto, incapace di dare un contributo alla risoluzione dei problemi in un esecutivo di “salvezza nazionale”. È evidente che l’unione (poco) civile tra Lega e dem provoca più irritazioni nel Partito democratico che nel Carroccio. Salvini per ora ha il coltello dalla parte del manico. Sa che è lui a mettere in imbarazzo gli avversari: la sua è una scelta di campo tattica, e i suoi lo hanno capito. Certo ha dovuto fare non poche marce indietro dopo il secondo colloquio con Draghi (immigrazione, flat tax, ambiente), ma non è un programma leghista il suo obiettivo. Vuole sparigliare le carte. Porsi come interlocutore serio e credibile agli elettori moderati. E gli servirà anche per rifarsi un po’ di verginità europeista gratis, conquistando pure posti di governo. Per i dem invece significa dover accettare obtorto collo un’alleanza che non volevano a nessun costo e che, sin dalle prime ore dell’incarico a Draghi, hanno respinto con ogni forza. Salvini è stato il primo a togliere i veti, e questo lo pone in una condizione di vantaggio.
La strategia del Pd
La strategia dem punta ancora ad una maggioranza parlamentare “stabile e coesa”. Lo hanno scritto pure a Draghi, precisando che il governo dovrebbe essere “autorevole, di chiaro stampo europeista e riformista”. Cioè la vecchia esperienza Pd-Leu-M5s. “È evidente che continuiamo a ritenere l'esistenza di questo rapporto molto importante”, ha detto Zingaretti. Qualora il governo dovesse nascere con dentro la Lega, il Pd cerca di usare l’alleanza con Leu e grillini per far diventare quanto più possibile di sinistra la maggioranza. L’alleanza “contiana”, spiegava Zinga, “serve a tutti per essere più forti”: cioè a far “incidere e fare pesare tanti nostri valori e tanti punti programmatici” contro le sirene del centrodestra. Nei prossimi mesi nasceranno tensioni, che probabilmente Draghi farà decantare in Parlamento: chi è più forte la spunta. E i dem vogliono evitare che il centrodestra detti la linea all’esecutivo.
Il governo con i sovranisti
Il problema è che la pregiudiziale anti-sovranista di Zingaretti&co rischia di ritorcerglisi contro. Il Pd spera in un “esecutivo che si ponga un orizzonte di legislatura”, cioè più di due anni. Salvini (e Berlusconi) ritengono invece che non si possa andare molto lontano: qualche mese o meglio “il tempo necessario a superare questa drammatica crisi sanitaria, sociale ed economica” (Cav dixit). Poi nemici come prima. Più la maggioranza sarà conflittuale, cioè più condizioni metteranno Zingaretti e Di Maio, minore sarà la sua durata.
C’è poi un ultimo appunto da fare. Dopo tanti appelli all’unità nazionale, e alla collaborazione dell’opposizione, ora che siamo a un passo dal governo “di alto profilo” appare incomprensibile il perché il Pd ponga ancora veti sulla Lega. Se si profila un esecutivo di “salvezza nazionale”, perché non dovrebbero parteciparvi i milioni di elettori che si affidano a Salvini? Se l’obiettivo è superare l’emergenza, perché gli eletti leghisti non dovrebbero portare le loro proposte? Solo perché sono “sovranisti”? È quasi impossibile che Draghi possa dire no all’appoggio leghista, vista la disponibilità salviniana e gli appelli unitari del Colle.
Quando il premier incaricato fornirà la “sintesi”, ed è probabile che comprenderà pure il Carroccio, il Pd potrebbe risultare il vero sconfitto: non voleva Salvini e si ritrova a governare con lui. Intestardirsi sulla “maggioranza coesa e stabile” e cavalcare l’ossessione anti-sovranista, perseguendo la fallimentare linea Bettini, è sciocco. Oltre che tatticamente sbagliato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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