La lottizzazione renziana impoverisce la Rai

Servirebbe uno sforzo per evitare che la Rai sia solo renziana o solo politicamente corretta

La lottizzazione renziana impoverisce la Rai

Raffaele Agrusti, chief financial officer della Rai in sostituzione di Camillo Rossotto passato alla Lavazza, è solo l'ultimo di una lunga serie di innesti esterni al vertice dell'azienda radiotelevisiva di Stato. Nessuno sa se questa immissione di «esterni» si fermi con Agrusti o sia destinata a continuare. C'è di dice che la quota di dirigenti provenienti da fuori viale Mazzini stabilita dalla legge di riforma della Rai sia ormai esaurita e chi afferma che il calcolo deve partire dal momento in cui il direttore generale Antonio Campo Dall'Orto è diventato amministratore delegato e che la quota deve essere ancora raggiunta. Qualunque possa essere la risposta è comunque un dato di fatto incontrovertibile che in otto mesi il vertice della Rai sia cambiato radicalmente. Si può discutere se in bene o in male. Ed è facile concludere, per evitare di prendere posizioni preconcette, che solo i risultati futuri potranno stabilire se questo radicale cambio della guardia al vertice della Rai sia stato positivo o negativo. In attesa che i nuovi diano prova delle loro capacità, però, è possibile compiere qualche valutazione generale. La prima è che un cambiamento così profondo operato con l'inserimento di esterni comporta una valutazione ovviamente negativa degli interni. Cambiare è necessario. Ma è possibile che tra 12mila dipendenti non si siano trovati quelli in grado di assumere responsabilità apicali? E come evitare che l'innovazione venga vissuta come un'operazione punitiva destinata a suscitare malcontento e, soprattutto, costosi contenziosi? La seconda è che tra tre anni (tanto durano i contratti dei nuovi dirigenti) la Rai potrebbe ritrovarsi decapitata e con la necessità di tornare a rinnovare completamente la propria «testa». Il che può essere un vantaggio vista la velocità delle trasformazioni tecnologiche e di mercato. Ma anche il rischio di ritrovarsi con una azienda acefala proprio in momenti in cui servirebbe una stabilità di comando e di gestione. La terza è che il calzino rivoltato di viale Mazzini, oltretutto molto costoso, sembra avere una motivazione di efficienza decisionale in cui non sembra trovare spazio la tutela del pluralismo non in termini di lottizzazione ma di rispetto per le diverse sensibilità politiche e culturali del Paese. on è facile tradurre in pratica questa tutela del pluralismo.

Ma uno sforzo per evitare che la Rai sia solo renziana o solo politicamente corretta, che al posto dei partiti di un tempo si installino le lobby di oggi, che conduttori, opinioni e ospiti siano tutti di un colore o di poche agenzie, va comunque fatto. Altrimenti il calzino rivoltato diventa un calzino bucato, da dove escono i soldi dei contribuenti e i valori di democrazia e di libertà del Paese.

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