Fumata nera al consiglio europeo sull'ipotesi di introdurre un tetto al prezzo del gas. Nonostante l'attivismo italiano con il premier Draghi in prima linea per la realizzazione del price cap e il sostegno degli altri paesi mediterranei, il Consiglio europeo si è concluso con un nulla di fatto. Pesa la contrarietà di varie nazioni e lo scetticismo tedesco anche se a Berlino si registrano aperture. Più netta la posizione olandese con il premier Mark Rutte che ha spiegato: «Non siamo contro, ma non siamo nemmeno favorevoli a un tetto al prezzo dell'energia perché pensiamo che gli effetti negativi superino quelli positivi». Il timore è che introducendo un prezzo con un tetto vi siano tagli delle forniture russe anche se è quanto sta già accadendo.
Non è passata nemmeno la proposta di un consiglio straordinario sull'energia a luglio, un'ipotesi che sembrava prendere corpo nella giornata di giovedì. Ogni decisione è rimandata a ottobre anche se quattro mesi, alla luce dell'evolversi degli eventi, sono un'eternità ed è un periodo pericolosamente vicino all'inverno. Non a caso lo stesso Draghi ha sottolineato che «potrebbe essere tardi per agire». Un immobilismo che rischia di costare caro all'Europa nonostante le rassicurazioni del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che ha affermato: «Entro la fine dell'estate, dovremmo essere pronti a fare diverse proposte ai leader per discuterne».
Per il momento, l'unico risultato concreto ottenuto, è stato l'inserimento di un riferimento al price cap nelle conclusioni del consiglio d'Europa: «Il Consiglio europeo ribadisce il suo invito alla Commissione ad esplorare con i nostri partner internazionali i modi per contenere l'aumento dei prezzi dell'energia, compresa la possibilità di introdurre tetti temporanei ai prezzi delle importazioni dell'energia, dove appropriato.
Intanto il tema sarà nell'agenda del G7 della prossima settimana come spiegato dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel e dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Michel ha sostenuto che «dobbiamo essere sicuri di essere tutti d'accordo e comprendere al meglio se questa misura possa essere davvero d'aiuto per i nostri scopi» mentre la von der Leyen ha sottolineato la necessità di una sinergia con gli Stati Uniti: «Stiamo riducendo le forniture di petrolio dalla Russia del 90 per cento entro la fine dell'anno, ma non possiamo escludere una collaborazione in questo senso con gli Stati Uniti. Ascolteremo le loro proposte, ma qualunque decisione sarà presa, avremmo bisogno di un'ampia coalizione globale che sarà discussa al G7».
Senza dubbio i principali leader europei sono accomunati dalla necessità di slegarsi quanto prima dal gas russo sintetizzata dalle parole del cancelliere tedesco Olaf Scholz: «In Europa abbiamo deciso che usciremo dall'importazione del petrolio russo per fine anno. Stiamo creando le precondizioni tecniche».
Se la diagnosi del problema è condivisa, si stenta invece a trovare una soluzione comune con un'esitazione che può costare caro anche a fronte dell'imprevedibilità russa.
Mosca ha già dimostrato con il taglio delle forniture di gas al 50% negli scorsi giorni di utilizzare l'energia come un'arma. Ciò significa che le risposte e le tempistiche europee rischiano di essere scollegate dallo scenario reale con il risultato che ogni paese potrebbe muoversi in autonomia e in modo non coordinato.
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