M5S, le difficoltà di Luigi Di Maio e l'incognita 'dissidenti'

Il 2019 si presenta come un anno pieno di incognite per il M5S con Luigi Di Maio che, da un lato, teme i senatori dissidenti e dall'altro si deve guardare sia da Matteo Salvini sia da Alessandro Di Battista

M5S, le difficoltà di Luigi Di Maio e l'incognita 'dissidenti'

Il M5S è a un bivio. Se il 2018 è stato l’anno dell’exploit elettorale, quello che è appena iniziato si annuncia come l’anno dei bilanci per un movimento divenuto forza di governo.

Stando all’opposizione era facile porsi alle barricate e dire no all’Ilva, alla Tav, alla Tap e agli F35 ma, una volta arrivati dentro le stanze del potere, i grillini si sono scontrati con la realpolitik. Le dirette streaming sono un lontano ricordo e il motto “uno vale uno” è stato accantonato per fare spazio alle direttive provenienti dalla Casaleggio Associati. E, così, in poco tempo l’idea di andare al governo esclusivamente senza alleati è stata ‘bypassata’ attraverso l’escamotage del “contratto di governo” stipulato con i leghisti. Le giravolte, quindi, sono state molteplici e hanno inciso notevolmente sul consenso degli elettori M5S che ora guardano con sempre maggiore interesse alla Lega di Matteo Salvini. In pochi mesi i rapporti di forza tra i due movimenti si sono ribaltati e, di fronte all’intraprendenza del ministro dell’Interno, Luigi Di Maio ha risposto imponendo una manovra finanziaria che ha una chiara impronta grillina. Il reddito di cittadinanza, seppur in parte diverso dall’idea originaria, partirà da marzo e l’impatto che avrà sull’economia italiana sarà decisivo per le sorti del governo e del Movimento stesso. Il ministro Danilo Toninelli, poi, è sulla graticola per le continue gaffes e si gioca la poltrona sia per il nodo Tav sia per come gestirà la ricostruzione del ponte Morandi. A dare man forte a Luigi Di Maio, in difficoltà per le intemperanze dei dissidenti grillini (ilgiornale.it ne aveva contati una cinquantina), arriva Alessandro Di Battista che dovrebbe aiutare il capo politico del Movimento a ottenere un insperato buon risultato alle Europee di maggio.

Ora il dibattito è incentrato sullo scontro tra Salvini e i sindaci che non intendono applicare il decreto sicurezza, su cui anche alcuni amministratori pentastellati, come il livornese Filippo Nogarin, hanno espresso più di una perplessità. Nei prossimi mesi la battaglia si sposterà sull’approvazione della legge sull’Autonomia di Lombardia e Veneto e sulla legittima difesa, due temi molto cari alla Lega ma invisi alla senatrice Paola Nugnes, sempre più lontana dal M5S. Le espulsioni di Gregorio De Falco e Saverio De Bonis, poi, hanno ridotto il sostegno numerico di cui gode il governo gialloverde a Palazzo Madama. Ed è anche per questo che, da un lato si fa sempre più strada l’ipotesi di rinunciare al limite del doppio mandato e, dall’altro, i probiviri si sono dati un freno davanti a possibili nuove espulsioni. A destare scalpore è soprattutto l’addio di De Falco che si è astenuto nel voto di fiducia sulla manovra. Manovra che è stata riscritta secondo i voleri di Bruxelles, portando il deficit dal 2,4% al 2,04%, e che è stata votata di fretta e furia tra Natale e Capodanno, con una “compressione dei tempi” che non è piaciuta al Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il Movimento Cinque Stelle si trova quindi in una situazione delicata con il presidente della Camera Roberto Fico che guida nell’ombra i ribelli di sinistra e Di Battista che, a dispetto della foto di Capodanno, non aspetta altro che una sconfitta elettorale dell’amico Di Maio per prendere il suo posto. Forse dovrà attendere le Europee ma, con molte probabilità, il M5s otterrà dei risultati deludenti anche nelle imminenti elezioni locali in Regione come l’Abruzzo, la Sardegna e la Calabria, dove il 4 marzo scorso fece man bassa di voti.

Se, pure questa volta, i grillini non riuscissero a conquistare nemmeno una Regione si troverebbero davanti a un grave danno d’immagine. Senza il consenso dello ‘zoccolo duro’ di elettori meridionali, l’obiettivo di governare per tutta la durata della legislatura si farebbe sempre più arduo.

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