Il M5s ha appena perso 41 parlamentari. E potrebbe perderne ancora di più nel caso i probiviri mettessero mano anche alle espulsioni in standby. Quelle dei cosiddetti «morosi» delle restituzioni, i deputati e i senatori che non versano i bonifici dei tagli degli stipendi. Parlando sempre di soldi, i Cinque Stelle potrebbero anche perdere una cifra che superiore anche a 4 milioni di euro. In che senso?
Stiamo parlando del vero tesoretto della politica, la manna dal cielo dopo l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Ovvero dei contributi erogati da Camera e Senato in favore dei gruppi parlamentari. Si tratta di denari concessi in base alla consistenza numerica dei gruppi. Quindi dal 2018 ad oggi il M5s, primo partito in Parlamento, ha battuto tutti gli altri per quanto riguarda questo contributo. I pentastellati hanno ricevuto 13milioni e 721mila euro nel 2018, con i primi tre mesi dell'anno relativi alla scorsa legislatura, 15milioni e 535mila euro nel 2019. Considerando che il M5s, con le ultime epurazioni, ha perso per strada 94 parlamentari sui 339 eletti alle ultime elezioni politiche, i gruppi dovranno rinunciare a un bel po' di soldi per il 2021, dato che si tratta di una cifra corrisposta annualmente. A circa un quarto del contributo, se prendiamo in considerazione il fatto che il Movimento ha perso poco più di un quarto dei parlamentari eletti all'inizio della legislatura. Un bel colpo per le finanze grilline. Infatti grazie a questo contributo i gruppi pagano il personale e tutte le spese riferite all'attività parlamentare. Comprese quelle relative alla funzione di studio, editoria e comunicazione. Proprio gli investimenti in comunicazione (ben 785mila euro nel 2019) ad agosto scorso avevano fatto storcere il naso a parecchi deputati. E ora, insieme alla consistenza del gruppo, si ridurrà pure il contributo di Camera e Senato. Con conseguenti tagli alle spese e al personale.
Intanto continua il braccio di ferro tra i vertici e gli espulsi che hanno votato in dissenso sulla fiducia a Mario Draghi. I senatori Nicola Morra e Barbara Lezzi guidano il fronte di chi non vuole abbandonare il M5s. «Io voglio restare nel Movimento 5 Stelle, io amo il Movimento 5 Stelle. Non mi vedo da nessuna altra parte», dice Lezzi a Mezz'ora in Più su Rai3. «Io non esco, io ricorrerò», ribadisce la senatrice vicina ad Alessandro Di Battista. Più o meno la stessa linea espressa dal presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra durante un'intervista in diretta Facebook con il giornalista del Fatto Quotidiano Andrea Scanzi. Morra ripete: «Sono Cinque Stelle fino al midollo». «Esprimersi contro il voto online è un peccato capitale, il peggior atto che si possa fare», attacca invece Rocco Casalino, ex portavoce del premier Giuseppe Conte ospite di Radio24. E continuano le manovre degli altri espulsi per la creazione dei gruppi autonomi. Alla Camera la strada sembra più in discesa, mentre al Senato c'è da impostare l'operazione Italia dei Valori. Dopo giorni di silenzio interviene Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, in rampa di lancio per entrare nel nuovo direttorio a cinque. «Se c'è un voto interno, il voto si rispetta», dice in diretta Facebook.
Difende la scelta di entrare nel governo Draghi, rilancia sul ministero della Transizione ecologica. E ancora sul M5s: «Il voto su Rousseau per noi è come un congresso, ora c'è un dibattito forte e faide che non fanno bene al Paese, non dobbiamo spaccarci».
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