Se ne va l'ultima bandiera del Pci. Da Togliatti a D'Alema: Emanuele Macaluso ha vissuto da testimone quasi un secolo di storia della sinistra italiana. Nato a Caltanissetta 96 anni fa, Macaluso si è spento a Roma. Nei giorni di Natale aveva avuto un problema cardiaco. Problema che sembrava superato. Ma ieri notte il cuore del guerriero rosso ha smesso di battere. Provocatore, schietto, lucido e appassionato: non ha mai risparmiato critiche ai leader della sinistra moderna. «D'Alema e Renzi? Due bugiardi», ribatteva Macaluso. «Mario Draghi? Lo vedrei bene al Quirinale». E infine la sferzata al Pd, un anno fa, in occasione della nascita del governo Conte bis e l'alleanza con i Cinque stelle: «La sinistra non abbia paura del voto».
Storico esponente dell'area riformista-migliorista del vecchio Pci. Macaluso è stato parlamentare per sette legislature, dal 1963-1992. Ma mai ministro. Direttore dell'Unità 1982 al 1986. Per quindici anni, fino alla chiusura nel 2010, direttore del mensile «Le ragioni del socialismo», ed editorialista de «Il Riformista» dal 2011 al 2012. Ma mai al vertice del Partito. Sempre a un passo dalla cima.
Consigliere di Massimo D'Alema, legato da un profondo legame politico e personale con Giorgio Napolitano, leader della corrente migliorista ai tempi del Pci. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ricorda così: «Scompare con lui una figura eminente della Repubblica, un appassionato uomo di parte, capace di tenere vivo il confronto con le altre forze popolari e il dialogo con i corpi sociali. Scompare con lui una figura eminente della Repubblica, un appassionato uomo di parte, capace di tenere vivo il confronto con le altre forze popolari e il dialogo con i corpi sociali».
Macaluso inizia l'attività in politica in Sicilia: si iscrive al Partito comunista prima della caduta del regime fascista. Quando il Pci era clandestino. Poi l'attività nel sindacato fino all'elezione in Parlamento. Il primo salto è nell'assemblea regionale siciliana nel 1952. Giuseppe Di Vittorio lo piazza a capo della Cgil siciliana. Nel 1960 entra nella direzione del Partito, dopo l'incontro a Roma con Palmiro Togliatti. In Sicilia nasce invece il sodalizio con Giorgio Napolitano, dove l'ex capo dello Stato svolse il servizio militare. Con la segreteria di Luigi Longo, Macaluso sarà promosso a capo dell'organizzazione del Pci.
Negli anni di Berlinguer si trasferisce alla direzione dell'Unità. Una voce libera e critica che ha visto la strada sbarrata verso ruoli di governo. Una vita politica e personale segnata di alti e bassi. Accompagnata da esperienze profonde. Come il carcere con l'accusa di adulterio. Nel 1944 incontra Lina, una donna sposata. Inizia una relazione clandestina che costò ad entrambi il carcere per adulterio. Macaluso aveva 19 anni, lei 23. S'erano conosciuti a una festa da ballo a Caltanissetta. Lina era sposata e aveva due figli. Poi arriva l'uscita dalla clandestinità. Una notte arrivano i carabinieri: arrestati. Poi la condanna a sei mesi di reclusione per adulterio.
Ma i guai non finiscono: dieci anni dopo spunta una nuova denuncia: i gemelli avuti da Lina, Pompeo e Antonio, non potevano essere figli loro, ma del marito di lei, perché così prevedeva la legge. Macaluso rischia otto anni di carcere. Amendola gli ordinò di sparire e mandò il grande avvocato Battaglia a risolvere il caso in Cassazione. Macaluso rimase chiuso per mesi in un casolare a Vignola, nel Modenese, in attesa della sentenza: il verdetto fu favorevole.
Giovanissimo, a 16 anni, si becca la tubercolosi: pochi mesi di vita. Macaluso ha pelle dura. Supera il calvario. Si riprende e si iscrive al Pci.
Che sarà fino al 1989, anno della svolta della Bolognina, la sua seconda casa. Ieri l'Aula del Senato, su richiesta del capogruppo Pd, Andrea Marcucci, ricordato Emanuele Macaluso con un minuto di silenzio in apertura di seduta.
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